“Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”. (Is 55, 10-11)
Ad un tratto sento nell’aria un odore pungente che annuncia pioggia, odore che è risposta della terra inaridita al ristoro di un’acqua che lievemente si posa come intensa umidità e poi penetra tra le zolle, assorbita con avidità. Cammino su un piccolo viale che mi separa da un bosco e alcune foglie mosse da una leggera brezza, danzano davanti a me, quasi a schivare il passo che potrebbe calpe- starle. I sensi sono catturati da una bellezza naturale che parla di armonia: così la natura ci presenta un creato che ha cura di sé, di ogni sua porzione: così la natura ci parla di un Dio che ha cura di ogni cosa e arriva come pioggia ristoratrice che a contatto con il cuore dell’uomo, sprigiona odori di personalità rinnovate, diffonde odori di santità nascoste di desideri di bene: particelle fluttuanti coinvolgono e contagiano in un cammino di attenzione che fa riconoscere i legami tra gli elementi che compongono i microcosmi di ogni vita e confluiscono in un universo in movimento.
Come un battesimo che libera dall’esterno un interno prezioso, arriva la pioggia che irriga e fa germogliare ciò che c’è, ma non si vede ancora. Come un pianto che libera ed esterna l’indicibile. I richiami della natura sembrano amplificare “parole di cui non si ode il suono” (Sal 18, 4), messaggio affidato ai giorni, notizie trasmesse nella notte. Bellezze che sembrano accarezzare i pensieri ed incoraggiarli ad una sintonia che restituisce pace. “Vigilate” e vi accorgerete, sembra esortare la natura che avvolge e penetra, vigilate e con tutta la vostra persona, entrate in relazione con quanto vi circonda. Passo dopo passo, quel petricore entra ed è come se mi assorbisse a sé. Io dove sono e chi sono… respiro questo odore e mi sento sempre più parte di un processo che mi parla. Ricordo quando, bambina, percorrevo il viale che mi conduceva a scuola: quello stesso odore accompagnava i miei passi a volte incerti, altre fieri, verso incontri e scoperte, novità di vita che prendevo a piene mani per crescere. Mentre cammino, cerco di imparare ancora: imparo a contare i miei respiri e le emozioni, il tempo che scorre, per goderne ogni istante, per cercare di ascoltarne il segreto. Occorre respirare per vivere. Quel respiro che diventa comunicazione, però, esprime anche un altro bisogno: occorre pregare per vivere. Respiro in fondo una Presenza che mi dona tempo e mi accompagna nel tempo. È vero, adesso lo comprendo, è Dio che si sta prendendo cura di me. È preghiera il mio accorgermi di Lui. Ascolto. Respiro. Scelgo il mio interlocutore, è Lui, e rispondo. In questa solitudine abitata, mi chiedo: Quanto mi amo… e riconosco la misura di quanto posso amare in questo momento. E ancora: Quanto mi ascolto… è la misura di quanto posso ascoltare chiunque e qualunque cosa. Presenza che è essenza di ogni preghiera. Cerco fenditure di roccia, cerco volti che sono spaccature in cui guardare con rispetto e attesa, e colgo flussi preziosi di esistenze. Luoghi in cui un giro- tondo di dinamiche creano qualcosa, qualcuno. Come quando ero bambina, si riaccende in me il desiderio di scoprire ancora. Continuo a camminare scorgendo avanti a me tra le fronde fruscianti, volti di persone con cui condivido il cammino della vita: e con passo da tredicesimo apostolo, mi inoltro dove c’è vegetazione… insegnami a pregare, Signore. Che ogni moto di ricerca, di consapevolezza, di affetto, trovi la sua espressione. La pioggia lieve già si fa sentire con piccoli tocchi che fanno vibrare le foglie e scivola via come una lacrima che si lancia nel vuoto e raggiungendo il suolo si frammenta in piccole gocce che portano ristoro in ogni direzione. Ancora il petricore accompagna il mio passo e i miei pensieri: che profumo sarò io, cosa renderò? Potrò essere pioggia lieve, o particella che si innalza, o terra secca, arida, senz’acqua. O pioggia torrenziale fuori controllo. Per un periodo o per una vita. Signore, permettimi di essere quella pioggia lieve che ristora, posandosi lì dove è necessario. Ci sei? Si, ci sono. Ho bisogno di te. Io ci sono. Parole che hanno profumo. Parole che pronunciate spalancano porte. Prendo… Cosa prendi? Prendo a cuore, perché io ci sono. Prendo a cuore te, perché la tua vita mi interessa, mi interessa la tua unicità che si mette in dialogo con la mia. La mia e la tua storia si intrecciano e sono parte di una storia più grande di noi. Sii fiero del tuo esserci, non temere e non tirarti indietro. In te c’è un bagliore di luce, un frammento di verità, una vita che pulsa, un cuore che ha qualcosa da donare e qualcosa da scoprire. C’è un desiderio e una ricerca, ci sono attese. Io ci sono. Non sono solo parole, è una presenza concreta in ciò che ci impegna quotidianamente. Ci sono con la mia preghiera, si, ma anche con sguardi e sorrisi, con una mano tesa per aiutarti ad aprire le porte, a sostenere il peso di una busta piena di cose, a superare un momento difficile, per combattere insieme fatica e malattia. Ecco l’esperienza di un’umanità più profonda, la tua e la mia si fondono e si incamminano cercando insieme ulteriore completezza. Abbiamo imparato ad amarci perché ci siamo conosciuti. Un rapporto di corresponsabilità per conoscerci e amarci ancor più. “Nel semplice incontro di un uomo con l’Altro si gioca l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’epifania del vol- to dell’Altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condivide- re con l’Altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto” (Emmanuel Lévinas). Così siamo in due, in tre e ancor più, trascinati dal petricore, immersi in una preghiera che danza come le foglie, entra ed esce, produce il suo frutto. “Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, cos’è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Gli hai dato potere sul- le opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Cfr Sal 8). Tutto è per noi: e noi come possiamo vedere la verità, gustarne il sapore? Il gusto e la luminosità con cui viviamo ogni impegno evangelico. Ed è dono di Dio. Bisogna “vigilare per non sprecare o rendere improduttivo il dono nascosto nella nostra vita”. (cfr Augruso-Secondin, Bagliori di luce, p. 38) Petricore che annunci pioggia, rinnovo di promesse battesimali, eccomi. Signore che vieni a ristorare la terra, aspettami: fratelli e sorelle abitatori del mondo, tratteniamo la Parola perché non torni a Lui senza effetto, senza aver compiuto quel desiderio infinito ed eterno che ci ha convocato per scrivere insieme una lunga e meravigliosa storia d’amore.
Sr M. Daniela del Buon Pastore