“Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fior di frumento” (Sal 147,14). Il fior di frumento, nella casa del pane. Stiamo celebrando il mistero della nascita del Salvatore: quale stupore immaginare il processo di una vita che cresce e che si mette in relazione con il mondo circostante. Nel tempo di “gestazione”, tale ambiente è innanzitutto un corpo umano, un corpo di Mamma: una relazione, la prima, che in ordine naturale avviene attraverso le microchimere, cellule con un patrimonio genetico diverso da quelle del resto dell’organismo ospitante, ovvero, cellule fetali trasmesse alla madre durante la gravidanza. Similmente, nell’Oggi di ogni celebrazione eucaristica, Dio si prende cura di noi, viene, entra, risana e ricrea ogni cosa.
Ordinariamente, col “microchimerismo fetale-materno” per 41 settimane le cellule circolano e si fondono con quelle dell’organismo, lasciando un’impronta permanente nei tessuti, nelle ossa, nel cervello e nella pelle delle madri. Nel grembo materno il feto dona e riceve: comincia ad imparare e ad impostare le coordinate della sua esistenza. Pensiamo alla gestazione eccezionale di Maria: la Vergine e Madre ha offerto ogni cellula del suo corpo e ogni pensiero a Dio, perché ne disponesse per edificare anche nel tempo, una dimora perfetta per il Figlio. Parliamo di Incarnazione del Figlio di Dio: che si ripete nella storia, quotidianamente, nell’Eucaristia che assumiamo. Perché non pensare a quei “confini” come ad un grembo accogliente e a quel “fiore” come al Corpo Sangue Anima e Divinità del Cristo in una particola? Pensiamoci grembo che accoglie questo patrimonio genetico eccezionale, cellule pluripotenti (in natura si presentano così, figurarsi in natura umano-divina), ovvero in grado di trasformarsi in qualunque tipo di cellula, per “ricostituire” le parti ferite del corpo con cui entrano in relazione. Due organismi viventi in comunione rigenerante. Incredibile: la mamma si prende cura del feto, il feto si prende cura della mamma. E immaginiamo: Maria Vergine e Madre si prende cura del Figlio e viceversa, anche attraverso uno scambio di cellule! La grazia non violenta la natura e in essa aiuta la “deificazione”. San Giovanni della Croce nel suo Cantico spirituale, richiama un passo della Genesi (1,3) che descrive lo sguardo compiaciuto di Dio su tutte le cose create molto buone: «guardandole, non soltanto comunicò loro l’essere e le grazie naturali, ma facendole buone nel Verbo, suo Figlio, le lasciò rivestite di bellezza, comunicando loro l’essere soprannaturale. Ciò accadde quando Egli si fece uomo…» (Cfr) Il caro S. Ireneo sottolinea nel suo trattato Contro le eresie, che «la natura umana portava il Verbo di Dio, ma era il Verbo di Dio che sosteneva la natura umana». Mentre Gesù lavorava con mani d’uomo, pensava con mente d’uomo, agiva con volontà d’uomo, amava con cuore d’uomo[1] Maria, che lo guardava, lo ascoltava e lo “percepiva” interiormente, imparava a pensare, agire, amare con il cuore di Dio, sostenuta dalla fede e da ciò che in lei era già in trasformazione per il contatto attuale con il Dio fatto Uomo. E non può essere così anche per noi, quando riceviamo Gesù eucaristia?
Il «Dio eterno e infinito si è immerso nella finitezza umana, nella sua creatura, per ricondurre l’uomo e l’intera creazione a Lui»[2]. «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo… Cristo, nuovo Adamo, manifesta pienamente l’uomo all’uomo e gli svela la sua altissima vocazione»[3]. Questa è la grande e meravigliosa ricchezza del Mistero dell’Incarnazione. Nel grembo di una madre, ogni creatura impara ad essere uomo e ripara ciò che nella mamma è lesionato. Nel grembo della Vergine Maria, l’Uomo-Dio “impara” umanità e rigenera incorruttibilità nella Madre. Oltre l’immagine perfetta, la somiglianza[4]. L’Immenso, l’infinito, assume in Sé tutto il creato e reintegra l’universo nel grembo generante di Dio Padre-Madre. Durante la celebrazione eucaristica, avviene la stessa cosa. Uno scambio continuo che genera fusione. Il sacerdote che contempla l’amore che sorge dal fonte inesauribile di Cristo risponde all’ inestimabile compito di collaborare alla diffusione di tale amore trasformante in tutta l’umanità, mediante “il dono per eccellenza” che è l’Eucaristia. Il dono divino è stato destinato in modo tutto particolare ai sacerdoti e, con la loro accoglienza, portano la responsabilità dell’efficacia dell’Eucaristia nel mondo[5]. Ecco il nostro contatto attuale col mistero di fede, con il sacrificio che ritorna presente perpetuandosi sacramentalmente, dono di Cristo al Padre, che chiama offerta di sé in Cristo[6]. L’offerta del sacrificio è dunque fonte di una nuova vita. L’efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza nella comunione…: “A noi, che ci nutriamo del corpo e del sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. Il sacerdote, un’altra Maria, che accoglie per primo l’Incontenibile: che per primo, si lascia trasformare dal processo microchimerico che risana e in modo naturale prepara dimora alla grazia che accorcia le distanze tra terra e cielo. Un’altra Maria, disposto a dire il suo “Si” per sé e per coloro che dal suo esempio, sono stimolati al senso di responsabilità verso la terra presente, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti“[7].
Ogni celebrazione eucaristica, il nostro Natale col Signore, è destinata a risvegliare la coscienza di coloro che vi partecipano. Nel sacerdote, a risvegliare la responsabilità verso un mondo che deve essere trasformato, trasfigurato dall’Eucaristia. Microchimerismo che trasforma e deifica: sì, non si può più aspettare. Il presente, l’Hodie nel quale ci giochiamo tutto, non è un tempo da sprecare. Il sacerdote, altra Maria, nell’umidità di una grotta, rinnova il desiderio di essere humus per l’edificazione di una nuova società in Cristo: non moltiplicando parole (cf. Mt 6,7), ma con la fede nella presenza nuova scaturente da ogni consacrazione che muta pane e vino in corpo e sangue del Signore. La meraviglia di questa presenza apre la porta, nell’anima del sacerdote, ad una nuova speranza che supera tutti gli ostacoli che si accumulano sulla via del suo ministero, spesso impegnato in lotte e prove. Il sacerdote, un’altra Maria: se l’Eucaristia è mistero della fede, questo mistero è stato proposto alla fede della Beata Vergine ed ha ricevuto da parte sua l’accoglienza più perfetta. Condividendo con i sacerdoti la sua fede, Maria Santissima li aiuta ad assumere la loro responsabilità nella diffusione dell’Eucaristia per la vita della Chiesa e li esorta: “fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5).
Quanti testimoni nella nostra storia, di come la celebrazione dell’eucaristia “trasporta” buio, solitudine, lacerante sofferenza umana, in spazi di cielo. Scegliendone uno tra tutti, “di casa” poiché martire carmelitano nel campo di concentramento di Dachau, ci rendiamo conto di come, in unione con Dio, possiamo compiere meraviglie. Su questo stupore contagiante leggiamo:
Io ero estremamente meravigliato quando la porta della cella di Brandsma si apriva e vi scorgevo un uomo lieto. Tutto il suo viso era raggiante, specialmente il suo sguardo grato e cordiale mi colpiva oltremodo. Scriveva: Sono solo, è vero, ma il Signore mi è stato così vicino. Sento la voglia di gridare per la gioia perché Egli di nuovo nella sua pienezza si è fatto trovare da me, senza che io possa andare dagli uomini e gli uomini possano venire da me. Egli è il mio unico rifugio e mi sento protetto e felice. Rimarrò sempre qui, se Egli così dispone. Raramente sono stato così felice e contento[8].
Dio è prigioniero paziente nella carne che ha assunto, nell’Eucaristia, nei nostri cuori: e rende “prigionieri pazienti” coloro che subiscono la sua stessa sorte in nome della fede nel Dio fatto uomo. Fede, fede, fede… Preghiamo in silenzio il Dio nascosto, il prigioniero paziente nel Santissimo Sacramento, così come Titus lo definiva: punto dopo punto su quella via retta in verticale e orizzontale, noi possiamo liberare quel Prigioniero, nella misura concessa: pigiata, scossa e traboccante! (Lc 6,38).
Sr M. Daniela del Buon Pastore, O.Carm.
[1] Cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes (= GS), n. 22, in Enchiridion Vaticanum (= EV), Dehoniane, Bologna 1981, 1/1386.
[2] Cfr. Ibidem, 46.
[3] Concilio Vaticano II, GS n. 22, in EV cit., 1/1385.
[4] Il Concilio ci dice: «Infatti Maria vergine, la quale all’annunzio dell’angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò la vita al mondo, è riconosciuta e onorata come vera madre di Dio e Redentore. Redenta in modo eminente in vista dei meriti del Figlio suo e a lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, è insignita del sommo ufficio e dignità di madre del Figlio di Dio, ed è perciò figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia eccezionale precede di gran lunga tutte le altre creature, celesti e terrestri. Insieme però, quale discendente di Adamo, è congiunta con tutti gli uomini bisognosi di salvezza; anzi, è “veramente madre delle membra (di Cristo) […] perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra”. Per questo è anche riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità; e la Chiesa cattolica, istruita dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come madre amatissima». Concilio Vaticano II Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium n. 53, in EV cit., 1/427.
[5] Cfr Congregazione per il clero – L’Eucaristia e il Sacerdote: inseparabilmente uniti dall’Amore di Dio, 11
[6] Cfr Ibidem, 13
[7] Cfr Ibidem, 20
[8] Causa Beatificationis et Canonizationis.., vol. II, 696- 698, 702-704.