Quadri di femminilità

Ho ricevuto l’invito a condividere un argomento di bioetica che mi stesse a cuore, esprimendo la mia attenzione al tema con il carattere carmelitano che mi è proprio. In continuità con un articolo del precedente numero, in cui il microchimerismo fetale-materno è indicato dall’autrice come possibile chiave di lettura per comprendere in modo diverso la relazione tra Dio e l’uomo, ho scelto di approfondire il tema dell’aborto. E ho scelto di farlo guardando anche alla tradizione carmelitana, perché questa esperienza spirituale di secoli, possa animare la responsabilità di diventarne annunciatori e sostenere la nostra riflessione sulla vita. L’aborto, dunque, è qualcosa che mette in profonda discussione tutti gli esseri viventi, che scuote, che vede lo scontro tra vita e morte, tra donne e uomini, laici e religiosi. Un’interruzione del processo vitale che investe non solo la sfera biologica, ma relazionale. Non credo che esista persona che non si sia mai interrogata a riguardo: da studente di medicina, posso innanzitutto descrivere quanto avviene dal concepimento in poi a livello medico-biologico, per poi mettere a fuoco altre dinamiche che entrano nel processo.

Tutti pensano che la fecondazione consista in una cellula uovo che incontra e si fonde con uno spermatozoo. Semplice? Non così tanto. Solo l’1% degli spermatozoi rilasciati, riesce ad arrivare in prossimità dell’ovocita, poi deve superare almeno quattro barriere prima di fondersi del tutto. Ed è proprio qui che abbiamo la prima “meraviglia”; due cellule che uniscono tutti i geni, tutti i liquidi, organuli, per poter essere una cellula sola. Tutto ha inizio da quella singola cellula che poi si dividerà continuamente fino ad arrivare nel corpo dell’utero dove riconoscerà il punto in cui potrà invadere il tessuto materno e impiantarsi in esso. Se già all’inizio c’erano poche possibilità che una fecondazione potesse avvenire, pensate quante complicanze ed impedimenti possono esserci per formare un individuo completo nei nove mesi di gestazione. L’aborto, scelto o subito, è un evento che nella donna ha effetti devastanti, sia fisici che mentali. Non consiste in una semplice pillola che magicamente fa sparire il problema, ma un evento che il corpo definirebbe traumatico. E allora, come può questo evento far nascere tante discussioni a riguardo? E quali sono le argomentazioni contrastanti su cui si discute? Dovrei scrivere un trattato di non so quante pagine, rischiando comunque di trascurare alcuni punti di vista. Prima di analizzare alcuni elementi, mi piace citare Edith Stein, S. Teresa Benedetta della Croce, circa le caratteristiche femminili “sfigurate” dal peccato, ma non completamente sfumate: caratteristiche che ci appartengono, che possiamo cercare e liberare in noi, perché siano educate. Edith descrive come propriamente femminile l’impulso forte alla completezza, il desiderio di crescere in ogni ambito e aiutare altri nello stesso percorso. La donna è accogliente, recettiva, generosa, aperta al servizio, chiamata a “cercare il sentiero che porta da Eva a Maria”. “Se nella donna questo impeto è particolarmente intenso, ciò dipende dalla sua particolare vocazione: essere compagna e madre. Essere compagna, cioè di sostegno e appoggio: ma per poterlo essere è necessario essere noi stesse salde, il che è possibile solo se tutto interiormente è nel giusto ordine ed equilibrio. Essere madre, cioè proteggere e custodire e portare a suo dispiegamento l’umanità autentica. È necessario, perciò, possedere noi stesse tale umanità e sapere chiaramente in cosa consista; altrimenti non vi si può educare gli altri. Cerchiamo, allora, l’immagine di Dio in ogni essere umano, e ovunque vogliamo aiutarla a essere libera. Possiamo perciò anche dire: il valore peculiare della donna consiste essenzialmente in una particolare ricettività per l’azione di Dio nell’anima e giunge al suo pieno sviluppo quando ci abbandoniamo a questa azione fiduciose e senza opporre resistenza… l’anima femminile vive più forte ed è più presente in tutte le parti del suo corpo. Essa è toccata interiormente da tutto ciò che le capita, mentre nell’uomo il corpo ha maggiormente il carattere di uno strumento… Tenendo presente questo desiderio di dare e ricevere amore, dove trova posto un atto come l’aborto? Per Edith, la donna illuminata dalla fede riesce a vivere profondamente la sua femminilità e a comprendere la forma in cui Dio le suggerisce di amare, di donarsi. Il dono della maternità è in tutte: “le donne cercano per natura di abbracciare ciò che è vivente, personale e intero. Accudire, proteggere, nutrire ed educare, è tutto un desiderio naturale e materno”.

Le persone che si scherano pro-aborto, fondano il loro pensiero sul fatto che l’embrione non è ancora vita, ma “potenziale-vita”. Questo perché la legge stabilisce che una donna può scegliere di abortire entro i 3 mesi di gravidanza. Può essere ed essere percepito un “niente” l’embrione che vive da tre mesi in un grembo? Quella è vita, fin dal momento in cui si fondono le due cellule creandone un solo zigote. È importante sottolineare che di fronte alla vita non c’è libertà di accogliere o sopprimere: e che è necessario cercare le profonde motivazioni che corrompono la coscienza e l’istinto naturale, che spingono a considerare “proprio” il corpo quasi come se fosse oggetto di contesa tra istituzioni e amore oblativo. Già al 19esimo giorno di gravidanza si inizia a formare il cuore che comincia a battere intorno all’ottava settimana (secondo mese). Un cuore che batte… E questa non è vita?

La Chiesa al contrario non intende abolire la legge e neppure giudicare la donna, ma condanna l’atto dell’aborto in quanto riconosce nell’embrione fin da subito una vita. Il matrimonio è un patto sacro tra due persone che si promettono amore: Dio è il garante del patto e nel momento in cui marito e moglie si trovano nudi l’uno davanti all’altro, si donano reciprocamente, traboccando amore generativo e trasformante. Proprio come si fondono le cellule per diventare un’unica unità di vita. La Chiesa difende la vita.

La donna è co-protagonista: la gravidanza avviene all’interno dei tessuti della donna, nelle sue viscere; per cui non parliamo più di un solo individuo ma di due, in cui uno si deve prendere cura dell’altro, sia dal punto di vista fisico che mentale. E non è una cosa da poco o da considerarsi scontata. È un dono meraviglioso la cura reciproca, no? La donna mette in gioco tutta sé stessa, con il proprio corpo e assume tutti i rischi che questo può dare.

Sento tante ragazze discutere sull’aborto e appena un ragazzo vuole esprimere il suo pensiero viene fermato: “Mica sei donna, tu che ne puoi sapere, non puoi parlare”. Non è del tutto vero: se l’uomo non sperimenta nella carne il processo di preparazione, accoglienza, sviluppo di una vita, comunque partecipa al suo concepimento ed è giusto che cominci a vivere la sua paternità nel rispetto e nell’ascolto di questo miracolo. Tuttavia, c’è anche da osservare che non poche volte i ragazzi spingono le donne ad abortire oppure, peggio ancora, le mettono in condizione di dolorose scelte: o la creatura nuova o la prosecuzione del rapporto libero che non fa conto del valore di una nuova vita. In tal caso la donna ne esce doppiamente traumatizzata: per l’eventuale abbandono del compagno – per l’eventuale destino di ragazza madre che non sempre è sostenuta dalla famiglia per varie ragioni.

Ed ecco perché a volte si arriva a scegliere di abortire. Nella maggior parte dei casi, il concepimento è legato alla mancanza di protezione nei rapporti consenzienti di minorenni o poco più che maggiorenni. Ed in questo la società e la Chiesa hanno la medesima responsabilità; l’una per aver fatto diventare il sesso un tabù, l’altra per aver assecondato tale pensiero e non aver investito nell’educazione sessuale. Se solo si potesse parlare più liberamente ai ragazzi di tutti i rischi che si corrono in un rapporto non protetto, dalla semplice gravidanza a tutte le malattie sessualmente trasmissibili, ed infezioni anche letali! Bisogna responsabilizzare fin da subito i ragazzi; in che modo? Insegnando e spiegando, mostrandosi disponibili ad ascoltare, senza dare un giudizio e soprattutto far riflettere i ragazzi sul significato di quello che fanno, la responsabilità delle loro azioni.

Queste sono solo alcune delle “sfumature di grigio” intorno al tema dell’aborto. aborto. Da futuro medico, mi auguro che ci siano sempre meno persone che si sentano costrette ad adottare tale soluzione, sia per la loro salute, sia per una maggiore responsabilità in questo mondo.

E tu, saresti pronto a rischiare la tua vita, per una nuova vita e per amore?

Chiara Policheni, animatrice O.Carm.

 

 

 

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