Il Cerreto è un Santuario, Casa di Maria, spazio sacro di consolazione e incontro, dove lacrime e speranza hanno casa, hanno ascolto. Ma il Cerreto è anche storia di Carmelo, giorni e anni intessuti di vite consegnate e vissute dentro la grazia di una Famiglia, dentro la luce di una corrente spirituale, che sta attraversando i secoli.

Affacciarsi verso il Cerreto, seppur da lontano, a distanza, significa aprire lo sguardo del cuore sul mistero grande e solenne, umile e ordinario della storia e del mondo. Lì c’è il Carmelo: monte e giardino, foresta lussureggiante e vigneto, ma al tempo stesso anche deserto e arida steppa. Così spiega, infatti, la Scrittura, nello scorrere delle sue pagine dense di storie e di vite, nel rivelarsi delle sue profezie. Isaia (32,15; 33,9), Geremia (2,7; 4,26), Amos (1,2), Michea (7,14) e Naum (1,4) sanno aprire lo sguardo su questo mistero arduo e infuocato, che è il Carmelo. Raccogliere le scintille del loro guardare profetico, aiuta anche noi a meglio comprendere cosa accade, cosa vive e si muove nel cuore nascosto di questa realtà di vita, che si chiama Carmelo.

E se avremo il coraggio paziente di stare, di tenere gli occhi del cuore puntati qui, sul monte giardino, sulla vigna di pascolo verdeggiante e ospitale, sullo spazio di grazia che si chiama Cerreto, ecco, allora potremo, per grazia, per misericordia divina, anche vedere la bellezza di ogni bellezza, ossia il principio, il capo, i capelli come di porpora (Ct 7,6) della sposa promessa allo Sposo, il Re, il Signore del mondo. Del resto, dobbiamo saperlo!, al Cerreto tutto ha senso, tutto è raccolto e condensato dentro l’abbraccio di questo grande mistero nuziale: qui viene l’Altissimo a unire a Sé, in sposalizio d’amore, la povera, l’umile, la bellissima figlia di questa nostra terra, ora lussureggiante di frutti, ora languente di sete.

La sacra Scrittura, dunque, ci aiuta ad affacciarci su questo mistero arduo e penetrante, che è la sostanza del Carmelo. Da una parte risplende l’abbondanza di frutti, di vigne, di giardini e di pascoli, a dire la grazia di un’esperienza possibile, di un ingresso dentro la terra dell’incontro, della relazione, dell’amore. Il Carmelo è così. E’ ricchezza impagabile, come porpora di re, di regina; anche solo semplicemente perché è casa di preghiera, casa di contemplazione. Elia, il profeta, che per il Carmelo è padre, questo annuncia in profezia ardente di fuoco: bisogna salire fino alla cima e lì stare a pregare (1 Re 19,42).

Al cuore della parola Carmél, nella lingua ebraica, sta la radice ram, che esprime proprio il movimento della salita, dell’innalzamento, della crescita. Se si frequenta il Cerreto, questo movimento di grazia appare con tersa chiarezza; lì, infatti, si è condotti e presi per mano, da una forza umile e santa, che innalza e fa crescere.

Insieme, però, a tutto questo, ecco, dal Carmelo appare il dolore di tutta la terra. “E’ in lutto la terra!” annuncia Isaia; e aggiunge: “…sono brulli i monti di Basan e il Carmelo!” (Is 33,9).

Da lassù non si può non vedere il volto più vero del mondo, della storia, della vita dell’uomo. Come è accaduto a Veronica Nucci, resa partecipe della visione senza più veli e chiamata a stare accanto alla Madre, aiutandola a piangere per il lutto e il dolore di tutta la terra. Del resto Carmél porta in sé il significato di agnello, car e di circoncisione, mul, ferita che tutto attorno segna la carne col dolore. Agnello di circoncisione, agnello offerto per il sacrificio; agnello che segna l’inizio della Pasqua, passaggio di salvezza, per cui, sì, davvero!, “il deserto si cambierà in frutteto, il frutteto diventerà una selva” (Is 32,15).

Potremmo raccontare infinite storie pasquali, che proprio al Cerreto han preso carne e luce, a cambiare la vita e la storia di fratelli e sorelle, qui attesi da sempre, qui accolti e visitati da un amore inspiegabile, che invita e fa entrare nella terra del Carmelo, per mangiarne i frutti e i prodotti (Ger 2,7), per venire saziati da un pane di grano novello, grano tenero e dolce (2 Re 4,42), “spezzettatura di carmél”.

La tavola, infatti, è già pronta; i posti apparecchiati! Non si portino ricchezze di denaro, per comprare o barattare; non ci si avvicini con doni per trovare grazia; no, non si entri con titoli e diademi! Basta solo indossare la veste nuziale, quella tenuta in serbo dal Padre, la veste più bella, che per noi, al Carmelo, è veste di Madre. Si vada al guardaroba regale (Ger 38,11), si chieda, senza spesa, senza pagare (Is 55,1-2) la stoffa per tessere, con trama e ordito di misericordia e consolazione, lo Scapolare.

E allora, sì, sarai innalzato, sarai sollevato, fino alla posizione più alta, quella che si impara su, alla cima del Monte Carmelo, accanto ad Elia, che piegò le ginocchia e lì pose il suo volto, accarezzando la terra con quel tocco potente, di tenerezza infinita eppure di forza divina, che è la preghiera.

Sali al Cerreto e vedrai cos’è, di meraviglioso, il Carmelo! Sei deserto, forse, dentro di te, sei steppa? Abbi certezza: il deserto si cambierà in frutteto, il frutteto diventerà una selva; gioirà e si rallegrerà il tuo cuore!

 

Sr M. Anastasia di Gerusalemme

 

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