Era un giorno di maggio

 

 

Ogni anno ci confrontiamo con la storia di questo luogo, per continuare a scoprirne i segreti, come fossero semi ancora da piantare… lo facciamo con la collaborazione di altre Sorelle che hanno sostato con noi in contemplazione e fraternità, cercando di verificare quante righe siamo riuscite a scrivere proseguendo il dialogo che Dio ha iniziato qui attraverso la Madre Addolorata. Quest’anno, la nostra rilettura si fa particolarmente grata e partecipata perché contiamo 170 anni dal primo incontro di Maria con Veronica Nucci, quel 19 maggio del 1853.

Era un giorno di maggio. Era un giorno di pioggia. Le pecore pascolavano. La pastorella avvertiva una presenza: ed ecco, ai suoi occhi curiosi e limpidi, apparve in carne ed ossa una Signora inginocchiata, con le mani giunte. La sua preghiera si faceva abbraccio consolante, protezione dalle intemperie, invito a conoscere, partecipazione ad un dolore intenso, che è una storia d’amore: quella tra Dio e l’uomo, quella di un’umanità ferita e ribelle e di una Madre che non si arrende. Da 170 primavere, qui ne facciamo grata memoria.

Era un giorno di maggio, una bella stagione. E oggi, guardandoci intorno, cosa vediamo fiorire e rifiorire? È stato scelto un centro sacro, luogo di incontro col mistero. Un luogo, un tempio che parla a chi lo abita. Che parla di chi l’abita. Configura ritmi quotidiani di ricerca, di attesa, forse di resa. Riflesso dell’universo, immagine dell’uomo: ecco ciò che la Madre ha voluto in questo luogo… un edificio sacro, come essere vivente, una vita spirituale come edificio celeste che si innalza nel silenzio.

Da quel dì di maggio, piedi pellegrini si fermano per un ristoro. Le ginocchia si piegano lì, dove le ginocchia della Madre hanno lasciato il segno.

Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce (Es 19,6: Is 43,20.21); voi che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia (Os 1,6.9)”. (1Pt 2, 9-10) Siamo un popolo acquistato a caro prezzo: e abbiamo la responsabilità di corrispondere alla grazia di Cristo per essere una consolazione vivente che proclama meraviglie. Qui e ora. “Mi rallegri Signore con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani” (cfr Sal 91).

Un giorno di convergenze in un luogo di consolazione e riconciliazione, dunque. Cosa vede il nostro sguardo riconciliato? Cosa comunica chi sente risuonare dentro il grido di una Madre che desidera la riconciliazione dei suoi figli col Padre? Noi, chiamati ad essere quella voce che grida: Vi scongiuro, lasciatevi riconciliare con Dio?

Se il primo luogo di convocazione per essere famiglia all’interno della Chiesa e per la Chiesa, per noi è stato il monte Carmelo, quella linea esistenziale che si allarga agli altri ed ha come frutti l’unione e la pace[1] trova spazio in questa terra, divenuta terra di Maria. Quando ella apparve addolorata, Madre e regina dello shalom pronunciato dal Figlio, Ella si è aperta come un libro da sfogliare negli anni, come un compendio di tutto ciò che anima da dentro il pellegrino che giunge qui sazio di fatiche: ciò che è duraturo si costruisce con la fatica di un combattimento continuo, della correzione di sé a partire dalle piccole esperienze che misurano qualità di vita. Per arrivare ad abbracci senza riserve. Cerchiamo ancora di comprendere e vivere con Maria il mistero che si rende visibile nelle sue insondabili meraviglie quando nel suo grembo purissimo il Verbo di Dio unì con un vincolo indissolubile alla natura divina la natura umana, liberando speranza che è certezza, consolazione che è gioia della salvezza. Il Figlio di Dio si scelse una Madre che non ha conosciuto corruzione nel corpo e nel cuore, che fosse immagine dell’unica e indivisa Chiesa sposa; e noi, chiamati ad allargare il cuore con la sapienza dell’amore confidente e sofferto, impariamo a percorrere meno timidamente i sentieri della generosità, per essere unificati in noi e uniti a Dio e al prossimo. Gesù, innalzato da terra, alla presenza della Vergine Madre, radunò i figli di Dio dispersi; con propositi di generosità e disponibilità, diveniamo ponti percorribili, arcobaleni che rendono visibili i colori dell’incontro tra cielo e terra. Non può esserci arcobaleno senza pioggia: quando la sofferenza si nebulizza nell’abbraccio del Padre che le da’ senso e che spinge oltre, è raggiunta dal Sole, Gesù: Egli, ritornato al Padre, invia lo Spirito di unità e di concordia, di riconciliazione e di perdono sugli Apostoli raccolti in preghiera con Maria[2]. E su tutti noi, riuniti qui. Nel mistero dell’incarnazione l’umile serva del Signore accogliendo l’annunzio dell’angelo Gabriele, concepì nel grembo verginale Gesù Cristo nostro Signore (…) principe della pace, il quale ci ridonò questo bene riconciliando in sé la terra e il cielo; Madre piena di fede stette intrepida presso la croce dove il Figlio, per la nostra salvezza, pacificò nel suo sangue il cielo e la terra; la Vergine, «discepola» della pace, rimanendo in preghiera con gli Apostoli, attende lo Spirito di unità e di pace, di gioia e di amore[3] insieme a ciascuno dei suoi figli. Ecco cosa il Signore ha desiderato fare di questo luogo. Il cuore è in festa.

O Maria, tu sei modello delle anime interiori, delle creature che Dio ha scelto a vivere al di dentro, nel fondo dell’abisso senza fondo. Con quale pace, con quale raccoglimento ti avvicinavi a ogni cosa, facevi ogni cosa! Anche le cose più ordinarie erano da te divinizzate! In tutto e per tutto tu restavi in adorazione del dono di Dio. E questo non ti impediva di prodigarti al di fuori quando si trattava di esercitare la carità… Tu rimani là, in piedi accanto alla croce, forte ed eroica, e il Maestro mi dice “Ecco tua madre”. Così ti ha dato a me per madre”. Ogni giorno ti presenti discreta e premurosa alle anime a te affidate: ogni giorno suggerisci come vivere la pienezza dell’essere. In alcuni giorni speciali, chiedi passaggi di vita speciali… Era un giorno di maggio e lo hai chiesto: e la storia di questo fazzoletto di maremma, è cambiata, si è fatta appello coinvolgente, una richiesta di aiuto a piangere, che si, non è storia di lacrime, ma storia d’amore. È un vuoto temporaneo che si riempie, un vuoto esistenziale che diventa stupore: e in questa sorpresa d’amore sentiamo una voce materna e premurosa che dice: “Quanto vi dirà fatelo![4] (cf. Gv 2,5).

Sr M. Daniela del Buon Pastore

[1] Emanuele Boaga, Come pietre vive… nel Carmelo, Ed. Carm. Roma 1993, p. 31

[2] Cfr. S. Messa della B. Vergine Maria, Madre dell’unità, n° 38.

[3] S. Messa della B. Vergine Maria, Regina della pace, n° 45.

[4] Elisabetta della Trinità in E.Boaga Con Maria sulle vie di Dio, Antologia di marianità carmelitana, Ed. Carm. Roma 2000, 395

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