Tira vento. Un vento moderato che solleva polvere, agita rami, voci di foglie in canto. È piacevole ascoltarlo: fino a qualche tempo fa, la colonna sonora del crepuscolo era un intenso frinire di cicale. Adesso piccoli cori di grilli, accompagnano il canto delle foglie vibranti di fresche correnti. Ultime sere d’estate, piccoli cambiamenti di luce, di colore, di profumi, annunciano la nuova stagione alle porte. Questo vento cosa porta via? Non la fatica della storia: quella la sentiamo tutta, specialmente al tramonto del sole. E cosa porta questo vento? La ricchezza e l’abbondanza di grazia, sempre a nostra disposizione. La nuova stagione è piena di senso, come quella che ci sta lasciando. Nelle stagioni della vita c’è Presenza che inserisce ogni cosa nella pienezza dei tempi. Ri-convergenze in un ciclo ininterrotto di misericordia. Si, si respira la santità di questo luogo in cui viviamo le nostre giornate. Un luogo che sembra abbracciare spirito, anima e corpo, sollevandoli dal peso di questo mondo. In ogni luogo, però, è possibile respirare misure di santità in spazi e tempi nei quali declinazioni di misericordia si manifestano in tanti modi. Come se ci chinassimo in un campo colorato da fiori di ogni specie per raccoglierne, o se ci allungassimo verso rami carichi di frutti maturati per noi per riempire cestini impagliati, abbiamo sempre possibilità di accogliere il bene che ci allinea al desiderio di Dio. Così viaggiamo pellegrini per corridoi, stanze, strade, valli, monti, spiagge. Viaggiamo tra ricordi, sogni, pensieri, progetti. Di giorno, di notte. E, ovunque, abbiamo mani per cogliere e ceste da riempire. Gioia e speranza volteggiano come foglie mosse dal vento, contrizione, gratitudine e compassione si presentano come raggi luminosi che bucano nuvole di paura, tristezza e rabbia. E un grande rispetto cresce accarezzando tutto ciò che i nostri sensi raggiungono. Mi ricorda, questo vento, la libertà dello Spirito di cui sento la voce (cfr Gv 3, 8), lo spirito che spinge mente e cuore a cercare, che attende che il nuovo in noi si sollevi come le foglie danzanti alle brezze, che si lasci vedere e afferrare per procedere nel percorso di conoscenza della Vita.
Le foglie danzano insieme, in un’amicizia che le fa sentire in sintonia tra loro e con la brezza che le muove e con il cielo sotto il quale danzano e con l’albero che è loro origine. Danzano generando sintonia. In questa sera di fine estate, penso alle amicizie di tutti i tempi e di tutti i miei tempi: le ricordo nel loro generare sintonie, nella loro forza sanante. Le ricordo come traboccanti dall’amicizia di Dio per l’uomo, per me. Semplicità di relazione che libera santità di vita. E i segni? Dell’amicizia di Dio coltivata nel tempo, di un’alleanza custodita? L’Eucaristia, sorgente di comunione, dono che Cristo fa di Sé, fiumi di grazia sacramentale nella Chiesa, popolo amico di Dio, convocato e chiamato a procedere in unione di cuori e di passi, sono l’albero, le origini: il vento muove la missione, il canto, la danza, che parlano di questa permanente filìa. Canto che è dialogo, preghiera. Missione che è premura mariana, umile, discretamente presente in ogni situazione. Come quelle foglie che gli ultimi bagliori di luce della giornata rendono ancora visibili nel loro vibrare, sono disposta anch’io a vivere un amore oblativo, generoso, sofferto, pur di vedere fratelli di ogni luogo, consapevoli di essere amati da sempre e per sempre? A vivere la relazione con questa capacità di amicizia, con questa premura materna, che nell’amore purifica e salda legami? Che rende migliori gli altri, avvicinandoli al loro fine di felicità in Dio? Cammini di sinodalità? Vita soprannaturale donata al mondo da Cristo, partecipazione alla Sua? Il vento continua ad accarezzare ogni cosa che, cullata, si addormenta dolcemente: all’orizzonte, ancora si vede luce chiara che alzando lo sguardo, si diluisce nel blu intenso del cielo notturno, ancora senza polvere di luminose stelle. Penso al bene compiuto in questo giorno. Penso ai passi in avanti e i passi indietro della mia storia di amicizia con Dio, con il prossimo, con il creato. La violenza della misericordia che stringe il cuore… lacrime, insofferenza e dolore per ogni piccolo danno arrecato a ciò che la Parola di Dio ha creato: ma non è questo il cuore di Maria? Il cuore di Dio? Il mio, quanto è distante? Dio è il centro verso il quale convergono i pensieri, i sentimenti, i desideri degli amici: e più ciascuno di essi si avvicina a lui, più si avvicinano l’un l’altro, come i raggi del cerchio che sono più vicini tra loro più sono vicini al centro. È più intima, perché gli amici mettono in comune ciò che sta più loro a cuore ed è più personale: le loro idee e le loro aspirazioni religiose… le manifestazioni di questa amicizia sono consigli, ammonimenti, incoraggiamenti, preghiere che mirano al bene spirituale dell’amico. Dio è amicizia. Da Lui viene ogni santa amicizia che diffonde soavità nell’anima. Non è quindi troppo difficile per noi passare da Cristo che ispira l’amore con cui amiamo il nostro amico, a Cristo che si offre al nostro amore come amico da amare. È nella preghiera che questo allargamento del sentire avviene impercettibilmente (cfr. G. Rotureau, Pacaud (Pascal), in Dictionnaire de spiritualité Beauchesne, Paris 1983, t. XII/1, 1; J. Majkowski, Pawlowski (Daniel), in Ibidem, 701-702). La preghiera di questa sera così lunga, si allarga con questo desiderio di intimità di sguardi per essere beati nella purezza di cuore, perché il cuore si impregni di misericordia e nella sua fragilità, possa contare di colmare misure insieme ad altri cuori animati dallo stesso anelito. Cosa porta con sé questo vento moderato alle soglie della notte ristoratrice? La speranza di un nuovo giorno da vivere con intensità: la speranza di doni che si moltiplicano tra coloro che desiderano purezza e povertà di spirito, attivare la ricerca di ciò che ci unisce a Dio e tra noi, l’imperativo dolce del noi, per accogliere dolori da alleviare, ma anche gioie: la gioia che ci riempie non è del tutto la stessa; forse per l’altro la gioia si è dischiusa in maniera più ricca; empatizzando colgo questa diversità, empatizzando giungo a quei “lati” che erano rimasti chiusi alla mia propria gioia ed ora la mia gioia si accende e solo ora avviene la piena copertura con la gioia empatizzata. (E. Stein, Il problema dell’empatia, 89, a cura di E. Costantini, Ed. Studium, Roma 1985, 71). Se il vento moderato aumenta di intensità, Gesù, ed io mi sento a bordo di una barca nella quale mi chiedi di salire per seguirti, non ti addormentare quando le onde oltrepassano la fiancata a babordo e tribordo e cominciano a ricoprire il pagliolo. Sgrida il vento e il mare come sai fare tu (cfr. Mt 8,23-27). Quando non sei nella barca, io sono distante dalla riva e il vento si fa contrario, ricordami di non avere paura, perché nessun vento potrà abbattermi se io sono con Te. (cfr. Mt 14,22-33) Fammi vedere che mentre tu sei al timone, siamo in tanti a remare. Ecco, si è accesa la prima stella: tra qualche istante, questo cielo limpido si riempirà di luci. Possano essere così illuminate le notti di tutti i fratelli in viaggio, tra venti favorevoli e contrari. Signore, Dio di misericordia, che «Mandi il tuo spirito (rûah), per crearci (Sal 104,29), stringi a te i nostri cuori, nella violenza della tua misericordia!
Sr Daniela del Buon Pastore