In tempo di Avvento leggiamo parole meravigliose rivolte da S. Ambrogio alle vergini: nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della vita luminosa di S. Lucia, egli riflette sullo splendore dell’anima che cerca Dio incessantemente e sull’irradiamento che coinvolge tutta la persona, rendendo visibile quanto il divino opera interiormente. La sua riflessione può essere rivolta a tutti coloro che desiderano incontrare e trattenere Dio con loro. Infatti, per ottenere questa compagnia in modo stabile, S. Ambrogio incoraggia a non cessare mai di tenere fisso il pensiero su Cristo, anche di notte (cfr. Ambrogio di Milano Sulla verginità, cap. 12,68.74-75 e 13,77-78, in PL 16,281-86, passim). Il richiamo per noi immediato alla Regola che ci esorta proprio a questa familiarità continua, giorno e notte, fa risuonare in modo speciale tale preziosa indicazione. Per esperienza sappiamo che è possibile tanto trattenere quanto perdere questa attenzione: abbiamo tutto ciò che occorre per trattenere Cristo, conoscerlo meglio, godere della sua presenza e farlo conoscere ad altri perché possano a loro volta goderne, lasciandosi amare fino in fondo, fino alla fine. Questo significa tenere aperta la porta sempre, in qualunque circostanza della vita. Gli articoli di questo numero descrivono diverse situazioni quotidiane, ordinarie e straordinarie, in cui cerchiamo di cogliere suggerimenti dalla Parola di Dio che ci viene incontro, da una spiritualità ricca di pennellate di umanità in ricerca, umanità visitata e provata dalla corruzione del peccato, che desidera seguire Cristo. Camminare sulle sue orme è un appello ad una vita comune di contro-tendenza radicata nella preghiera. Il Verbo di Dio corre: lo trattiene l’amore dell’anima. Il corpo esprime ciò che accade nell’anima: l’uomo che trattiene Dio è l’uomo intero, spirito, anima e corpo e solo così egli raggiunge la perfezione di relazione. Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione e tutto ciò che è vostro, spirito, anima e corpo, si mantenga irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (1 Tess 5,23). Ecco, il Signore viene: la nostra anima, capace di essere gratuitamente elevata alla comunione con Dio, è una porta aperta, lo spirito ci ordina al fine soprannaturale, e il corpo, unitamente ad anima e spirito, è voce che loda il Creatore, che assapora libertà nella verità. Il corpo non è una prigione, neanche per Dio che ha scelto di esserne “contenuto”: attraverso quel corpo Egli si è manifestato sensibilmente, è entrato nella storia, ci ha parlato, ha asciugato lacrime, ci ha dato esempi di vita, si è sacrificato per noi, ci ha salvati. Il corpo dell’uomo è la sua possibilità reale di essere, di desiderare vita: un groviglio di povertà – certamente – nel limite, nell’essere soggetto a corruzione, e di potenzialità. Se l’uomo si accetta nel suo cammino di purificazione, può offrirsi e vivere la dinamica del dono, amando in progressione. E in quell’amore compie ogni anelito di vita, così come è stato per Gesù. È Lui che ci ha insegnato ad essere grandi nella piccolezza, a vivere la comunione nell’essere che è pura solidarietà ed è capacità di vivere nel rispetto reciproco e nell’imprevedibile libertà. In ogni situazione della vita umana, l’uomo può avvicinarsi a Dio che gli si rivela, ed è essenzialmente quanto desideriamo consegnare ai lettori come riflessione che permetta di vivere il mistero che celebriamo, con umiltà, fiducia, speranza.