Indossiamo l’armatura di Dio (Ef 6, 11) per combattere il male che tocca tutta la vita umana, perché altera la sua visione della verità, della bontà, della bellezza, della dignità umana. Il brutto non è quello che nella natura ci ripugna, ma l’egoismo che manifesta la sua follia, nei gesti perfidi e frivoli, nelle rughe della passione, nello sguardo torvo dell’occhio e nel crimine (Cfr. K. Rosenkranz, Ästhetik des Hässlichen (1853); tr. it. R. Bodei, Estetica del Brutto, Il Mulino, Bologna 1984, 49).

Cosa desideriamo rileggere oggi? La follia dell’uomo contro l’umano (G. Marcel), il dramma della libertà umana nel mondo, la chiamata a coltivare e custodire tutto ciò che riceviamo in dono da Dio, rifiutata da Caino fino ai nostri giorni. E poi, il passo della Scrittura che ci ricorda: “in questi giorni, Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio”, Cristo, centro del cosmo e della storia. (cfr. Eb 1,2) Rileggiamo tutto contemporaneamente. Il teatro della bellezza spesso diventa teatro di conflitti domestici e mondiali che ci affliggono profondamente. È sempre più urgente saper cercare e trovare consolazione e saperla portare. La consolazione di essere amati e di poter amare. Dio parla ancora, in questi giorni, per mezzo del Figlio. È difficile ascoltarlo, riconoscerlo: si è molto attenti ad arginare i danni di una natura che fa il suo corso e segna l’età, oppure ad inseguire modelli di bellezza effimera, che non esprime il vissuto personale, né un’identità che si svela in proporzione a quanto Dio rivela di Sé. Cresce così la paura della vita, attraversata da incontenibile tristezza. E alla propria e altrui vita si dà sempre meno valore. L’afflizione viene tolta dalla consolazione, termine usato da Luca e Paolo per descrivere la funzione della profezia, dono dello Spirito Paraclito, prodotto dalla proclamazione profetica della parola di Dio; parola di Dio che fa quel che dice, perché è energica e informativa in pari misura. (Sante Babolin, L’esorcismo, ministero della consolazione, Ed. Messaggero, Padova 2014, 220) Se la Parola fa quel che dice, allora la speranza di una vita migliore è reale! Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23). Addirittura, Dio prende dimora presso di noi, in noi. Sembra che l’uomo debba fare il primo passo, magari cercando affannosamente la porta giusta da aprire, ma non è così. Il primo ad amare è proprio il Padre, che ricevendo amore in risposta al suo, farà sentire ancora di più il suo amore, fino ad assorbire in sé tutta la persona: questa è la dimensione definitiva dell’uomo, recuperata in Cristo. La Parola che fa quel che dice, sempre: è la chiave che apre la porta della speranza. La nostra afflizione è sempre legata ad uno stato di paralisi che ci rende impotenti di fronte alla morte, alla malattia e alla riduzione in schiavitù da parte di chi vuole il nostro male. Ora allo Spirito Paraclito nulla è impossibile e la sua presenza rende possibile l’impossibile: come, ad esempio, l’Incarnazione del Verbo di Dio in Maria (Lc 1,37) (cfr. 220-221). Quindi possiamo davvero sperare di guarire, di vivere, di cambiare, di essere finalmente liberi. Sono un quadro che attende di essere dipinto, il Signore vi dipinga ciò che vuole è la risposta di Maria al Signore che la chiama ad essere Madre del Liberatore, del Salvatore (cfr. Origene). Così cominciamo ad immaginare la piena disponibilità di Maria al disegno di Dio e a pensare alla disponibilità richiesta anche a noi per poter essere dipinti con i colori più preziosi. Maria: una tela bianca in cui Egli ha potuto realizzare il capolavoro della restituzione di dignità, bellezza, salvezza all’umanità. Nella nostra mente si intrecciano altre immagini bibliche che descrivono concepimenti e nascite comuni di uomini che con il battesimo diventano figli di Dio. Immagini di tessitori che intrecciano fibre vitali, pagine scritte che mettono in atto meraviglie, vasai che plasmano, ricamatori, lavoratori di latte che prende forma stagionata: tutte arti che esprimono creativamente gli effetti di un cuore pulsante. Tutti uomini chiamati da subito, fin dal grembo materno, profeti: nell’eccomi di Maria, tutti chiamati ad un’amicizia speciale che cambia la sorte di Eva. È questione di tempo e ciò che è soggetto a corruzione a causa del peccato, in Cristo ritroverà piena bellezza. Lo crediamo e lo possiamo annunciare. Dio è fedele, non si contraddice. È vero, noi subiamo minacce, vediamo deformità di ogni genere. Vorremmo chiudere gli occhi per non vedere fatti di sangue, a volte vorremmo fuggire anche da noi stessi. Ma l’uomo che vuol comprendere sé stesso fino in fondo – non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere – deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto sé stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare sé stesso. In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità dell’uomo si chiama Vangelo. Il compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell’uomo, di indirizzare la coscienza e l’esperienza di tutta l’umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si tocca anche la più profonda sfera dell’uomo, la sfera – intendiamo – dei cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane.  (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptor Hominis, n. 10) Ed eccoci al dunque: se manca un rapporto di conoscenza, di alleanza e di amicizia con Dio, l’afflizione prende il sopravvento. Dio non vuole essere nostro padrone, vuole liberarci. Dalla culla alla croce, ci mostra quanto sia ardente questo desiderio: in Cristo, liberazione dal male e liberazione per il bene. E noi abbiamo il compito di ricordarlo a tutti, di orientare instancabilmente gli sguardi terrorizzati o smarriti perché crescano familiarità e fiducia in Dio.

Maria ha tenuto tra le braccia il Figlio di Dio, perfettissimo: avrà anche riconosciuto i suoi tratti carnali, poiché Egli, vero uomo, le sarà stato somigliante. E noi rileggiamo tutto quello che celebra la vita immersi in liturgie che sostengono e incitano la conoscenza sempre più intima di questo evento unico. Maria tiene tra le braccia anche noi e noi a nostra volta teniamo tra le braccia della preghiera tutti quei piccoli miracoli deturpati, tutti quei bambini esacerbati dalla violenza, segnati nella mente, piagati nel corpo: quella fragile argilla, quel ricamo strappato, quella tela squarciata e forse sepolta sotto le macerie. Mentre nelle nostre case celebriamo la Vita, in altre parti del mondo la morte circonda ogni casa. La Parola, a suo tempo, compie tutto, fa quel che dice: farla conoscere, farla pregare, può davvero cambiare le sorti del singolo e della comunità! Se la Parola entra in me e mi trasforma, questo processo invisibile agli occhi del mondo, cambia il mondo! La mia parte, la nostra parte in cui l’afflizione si trasforma in consolazione, è un quadro che attende di essere dipinto. Io sono quel quadro, quel colore che parla del potere di Cristo e il potere da Lui conferito alla Chiesa. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv 8,36). La genuina vita cristiana è abbandono fiducioso all’amore paterno e provvidente di Dio, si fonda sul battesimo, si alimenta con la lettura assidua della Parola e la partecipazione all’Eucaristia, si restaura con il sacramento della riconciliazione. Cristo è unito ad ogni uomo: guardiamolo ancora con gli occhi del cuore mentre è avvolto in fasce e guarda il mondo da un’altra “prospettiva”. Entrare in Lui con tutta la nostra storia, il nostro bagaglio, è davvero un rileggere tutto in una luce diversa, perché ogni nostro frammento sia toccato, sanato, reso dinamico contro tutte le paralisi e unito a Colui nel quale tutto possiamo. E amiamo.

 

La Redazione

 

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