L’abito è dono di Maria, gesto materno, espressione del suo amore e della sua sollecitudine nel rivestire il fedele con i lineamenti del suo volto, che poi è il “Volto che più a Cristo somiglia”. Il carmelitano impara da Maria l’arte della tessitura: arte che è legame che congiunge indissolubilmente i cuori. (Cfr Carlo Cicconetti, Simboli carmelitani, 196)
Esiste, sull’orizzonte dello Spirito di Dio, un incontro unico, schivo e segreto, eppure tanto intenso e chiarissimo, tanto vivo da mettere in movimento l’esistenza di uomini e donne, ad ogni latitudine del pianeta, di ogni età e condizione. Parlo dell’incontro tra il Carmelo e Maria, la Madre del Signore, la serva fatta regina, la sorella e compagna di ogni storia, di ogni cammino che a Lei desideri aprirsi.
Ed esiste, fra i tanti, un luogo in cui questo incontro si fa particolarmente visibile e bello, di bellezza che viene da altrove, bellezza divina, scesa ad abitare la terra: al Cerreto, Santuario e monastero di sorelle carmelitane, ecco, si contempla e si ascolta la grazia, che viene, ancora una volta, in questa estate 2024, per tessere i fili del dialogo, dell’incontro appunto, tra Dio e la sua creatura.
Non a caso la grande tradizione dell’iconografia antica dipinge Maria, la giovinetta di Nazareth, con in mano una spola e un filo di porpora, a dire tessitura, trama ed ordito di infinito mistero, a dire intreccio di sostanza e natura, di umano e divino, di ora e per sempre. Voce del messaggero celeste risuona fino al fondo del cuore e dal comporsi dei fili, decisa risuona risposta di donna, risposta di grembo: Sì, avvenga e si compia quanto Tu, o Altissimo, dici di me! Vicinissima a noi questa scena di annuncio, fatto non nei confini scolpiti del tempio, tra l’altare elevato sopra i gradini e gli strumenti intoccabili delle sue liturgie, ma portato dentro gli spazi noti e vissuti di casa, dentro le stanze, quotidiane finestre aperte sul mondo e sulle sue storie.
Risuona ancor qui, dopo le righe del Vangelo scritto da Luca, quel saluto di angelo, quel respiro di Creatore, di Padre, che dice bellezza! Quanto sei bella, per me, tu piena di grazia! Ave! Gioisci di luce, gioisci di vita che nasce, anche in mezzo all’inferno!
Occorre sguardo capace di vedere al di là, nella notte, nel buio. Opera grande, infatti, è stata compiuta! Tu sei stata fatta, no, anzi!, sei stata ricolmata di grazia, di bellezza sei stata regalata. In modo assoluto, in modo perfetto, sconvolgente sovrappiù di divino, che scende dentro l’umano, che prende fattezze di donna, di madre e di figlio.
Ama tessere, Dio; ama disegnare miracoli dentro la carne, dentro la storia. E intrecciare ricami stupendi di incontri, di sguardi, di baci perfino, tra le geografie di un pianeta vestito a festa per l’arrivo del figlio, dal primo adàm uscito dal dito di Dio, fino all’ultimo, quando verrà. Così fu quando Maria disse il suo sì, alla voce del messo celeste, che annunciava ai suoi orecchi, al suo cuore: Ama tessere, Dio! Chiede a te filo di porpora, chiede tessuto di carne e di sangue, sostanza di uomo, di donna.
Fu un tuono, un sussurro inspiegabile, a Nazareth allora. Chi potrebbe mai percepirlo? Chi ha orecchi capaci di ascolto, di comprensione, per poter dare risposta? Ecco, sì! C’è uno spazio, o un’esperienza di vita, che ha nome di monte, nome di terra e di mare, oriente che risplende di luce, dove questo può ancora accadere, dove alla domanda di Dio l’uomo risponde, dove Maria ripete di sì e dice che apre di nuovo il suo grembo di donna, perché Dio ritorni da morte e rinasca tra noi. Questo è il Carmelo, ascolto e sguardo, silenzio e preghiera, insistente e invincibile desiderio di amare Colui che dell’amore è la fonte, il principio, il Dio che non smette mai di parlare con l’uomo e di invitarlo alla gioia: Ave, tu! Rallegrati, sì, perché ai miei occhi sei grazia e bellezza. Tessere vorrei, la tua sostanza con ciò che Io-sono, la tua povertà sì fragile e humile, fatta di terra, con l’unica forza che ho, tutta la forza del mondo, che è Amore di un folle. Pazzo tessitore di vite, pazzo artigiano di meravigliose sartorie: così mi confesso, Io, Dio, davanti alle mie creature.
Tu vuoi, tu ci sei? Vieni, prendiamo l’ago ed il filo, cuciamo di nuovo la stoffa recisa, poniamo rimedio al dolore, all’angoscia e tessiamo insieme speranza.
Prendiamo, insieme, preghiera. Prendiamo bellezza. Infatti, altra non c’è sulla terra!
Affacciati al Carmelo, avvicinati e vedi: stoffa tessuta di humili fili, colore marrone, che scende sulle spalle e sul petto. Scapolare si dice, preghiera si gusta e si spera, per continuare a disegnare bellezza sulla trama e l’ordito della storia, dei giorni.
Ama tessere, Dio. Ama rivestire i suoi figli di Sé. Il Carmelo sa bene e conosce il mistero. Il Carmelo, per grazia donata, per misericordia, per sovrappiù di chiamata, ecco, continua a far da telaio, in Maria ed Elia, il grande profeta, alla tessitura di cielo e di terra, all’incontro dell’uomo con Dio.
Vai, allora, al Cerreto e domanda e cerca e desidera. E prega che anche a te sia donato quel filo, prega che l’anima tua sia rivestita di grazia e bellezza. Ave, o tu! Ave, gioisci, poiché il tempo è venuto: prendi l’ago e scrivi il tuo sì, scrivi Eccomi! sul respiro, sulla carne, sul volto della preghiera. Amen.
Sr Anastasia di Gerusalemme, Ravenna