Il deserto non può immaginarsi fuori del mondo, anzi, è una porzione di mondo. È parte costitutiva del “mondo dell’uomo”, nella sua esigenza più profonda di “stare con sé stesso” e di riappropriarsi di quella parte di mondo e di sé stesso che è mistero dell’esistente”. (C.Cicconetti, Simboli carmelitani, Roma 2006)
Da tanto tempo non riuscivo ad assopirmi come fino a poco fa. Un sonno profondo, riposante, corpo e mente sincronizzati per quel l’unica funzione necessaria: riprendere vita, respirare normalmente, lungamente…. tutto il resto, pensieri, problemi, rimane fuori. Appena il tempo di rendermi conto che mi trovo in un’oasi: quiete, bellezza, un’aria leggera che sembra accarezzare….appunto, appena il tempo di rendermi conto che vorrei rimanere lì. Ma ecco, la realtà mi richiama, si sta riaffacciando, anzi mi viene incontro…..quella questione rimasta in sospeso, quella decisione da prendere e puntualmente rimandata. Stanno avanzando, con passi felpati, e non tornano indietro. Inutile far finta di niente, di non vederli e pensare:” Sono ancora lontani, non mi toccano”. Grande illusione, grande disperazione: appena la coscienza me li ha riproposti il respiro si è contratto, l’oasi è scomparsa, per lei non c’è più posto. Da ora, per tutto il giorno si va avanti con un tonfo al cuore, sincopato. La realtà, la mia realtà disastrata è la mia compagna più assidua, logorante, ma comunque desiderosa di risposte e soluzioni liberanti e pacificatrici. È gravoso il peso di situazioni serie da risolvere, le ho sempre presenti ma ancora riesco a tenere semiaperto il cassetto che le contiene, cassetto tenuto ben chiuso fino a non molto tempo fa. Lo so che devo affrontarle, ma so anche che mi costerà in fatica, cambiamento, incertezze, solitudine. Ecco, forse è questo che mi attanaglia: qualcosa più grande di me, che scardina le mie sicurezze di sempre e impone di reimpostarsi e trovare serenità nei vissuti quotidiani, anche quelli imprevisti e sofferti. Come fare? A chi chiedere una mano? Con chi parlare dei miei problemi quando non posso farlo, o farlo fino a un certo punto, con mia moglie/ marito? Fortunatamente ho le mie cose da portare avanti: lavoro, casa, impegni con i figli e quindi la mente deve concentrarsi in quella direzione. Per mezza giornata riprendo fiato e la tensione si allenta. Poi la gente, il traffico, la musica ad alto volume nei centri commerciali e nei bar diventano ottimi anestetici per non ricordare altro. Ma la sera sopraggiunge e non avrò scappatoie. Ecco l’oscurità della notte con il suo silenzio: un altro peso da sopportare che mi rinnova i drammi che già ho. Però durante questa notte, interminabile e ricolma di:” Come ne esco fuori?” da una profondità di me, che forse conserva ancora un po’ di speranza e fiducia, fuoriesce un pensiero:” L’oscurità della notte, la sua regolarità e il suo silenzio sono più belli, più veri, più sani della mia nebulosità, del mio camminare senza voglia, del mio vivere a scatti e senza stupore perché giustamente sono troppo preoccupata/to. Un pensiero inaspettato, una sorpresa, un baleno, in pochi istanti la mia prospettiva sta virando, non so come, non so niente, ma Qualcuno ha afferrato il timone della mia vita e la sta traghettando. Attimi, momenti di luce e di aiuto dall’Alto. Mi ritrovo con me stessa/o e i miei compagni inseparabili: scadenze, difficoltà non piccole e non poche ma non li temo più, mi stupisco di come possa avvenire, ma li guardo, tendo loro la mano e… insieme possiamo e dobbiamo risalire.
Sr Maria Joseph di Nazareth