Venirsi incontro

La pace inizia e cresce solo se c’è verità e giustizia. La pace è un processo, non è uno stato. La pace non è tranquillità. Quando tutto è certo e nessuno ha il coraggio di protestare, non è pace. La pace è frutto della verità. Dove c’è ingiustizia, violenza, paura, uso del potere e della forza, allora la giustizia si esprime stando dalla parte dei poveri, degli oppressi, dei repressi, di coloro che vivono nella paura e sono perseguitati. (Dir. Carm. Giustizia e pace – T. O’Sullivan, B. Pareira) Ebbene: poveri sono coloro che subiscono violenza, che sono privati della possibilità di lavorare e di andare avanti, privati della dignità, di una libertà vissuta per esistere con la propria identità e il proprio rispettoso parere. Poveri sono coloro che opprimono, che intimoriscono: poveri di compassione, di valori, di umanità. La pace è una conquista tra poveri che cercano di aiutarsi. Il povero di valori può ricevere testimonianza e acquisirli: il povero di averi e possibilità, può ricevere aiuti materiali e comprensione. Le parole, dette o non dette, possono uccidere. Così come gli idranti. Ci stiamo forse abituando alla violenza di alcune parole, ma abbiamo l’obbligo morale di reagire a questa violenza che spesso diviene inconsapevole, frutto di abitudine. Perché se smettiamo di essere ricercatori del bene, del bello, del vero, renderemo invivibile la nostra vita. Anche i lacrimogeni colpiscono a morte. Non una goccia di sangue, ma tante lacrime e la morte nel cuore. Da entrambe le parti e con processi diversi. Questo a Trieste e non solamente lì. E’ bello vedere persone che si tengono per mano nelle difficoltà della vita: formano catene solidali che rendono visibili la richiesta di ascolto, il desiderio di capire, la forza della vita, la disperazione della solitudine. Alcune stringono “la dolce catena che annoda a Dio”… Persone che pregano in un silenzio assordante. Se c’è un disagio, c’è un motivo. Se si sussurra e non viene ascoltato, il sussurro diventa parola pronunciata con voce piena. Se questa voce piena non viene ascoltata, la parola diviene grido. Tutto ha una spiegazione, tutto ha una soluzione, che non è necessariamente annullare un problema. Il problema magari resta, ma si affronta in modo diverso, cercando di creare il più possibile un’armonia di esigenze. Se questo processo si interrompe, cominciamo a camminare sul confine del lecito e illecito, perdiamo il controllo e rischiamo di arrivare a dannosi eccessi. Esiste un grido della preghiera oltre al grido della protesta. Viviamo paradossi: anche la Bibbia ne presenta abbondanti. Da una parte questo libro testimonia che Dio è il difensore degli oppressi, che Dio si adira e soffre per l’agonia dei poveri. Dall’altra parte la Bibbia testimonia anche che Dio è lento ad ascoltare il lamento degli oppressi. Sembra che Egli rimanga in silenzio… Guardando le immagini della manifestazione di Trieste, possiamo forse dire con le parole del direttorio carmelitano, che la preghiera e la protesta indirizzate a Dio sono anche mezzi per ottenere lo Spirito di verità. Per tutti.

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