A volte abbiamo la sensazione di percorrere strade disegnate dal mitologico Dedalo, nel cuore di una costruzione architettonica complessa e tortuosa, tanto da rendere difficile l’orientamento. Labirinti nei quali il desiderio di uscire è crescente, tanto quanto il timore di non individuare sbocchi di libertà. Eppure, un filo rosso srotolato per trovare liberazione dai labirinti tortuosi, c’è. Il labirinto, quindi, si presenta unicorsale, con un percorso lungo e complicato, ma che rivela le false piste, e riduce le possibilità di errore. E qual è il filo rosso in questione? Le strade rese tortuose, da noi stessi o dall’ostilità esterna, diventano opportunità di conversione, di crescita, di salvezza: metafora di un pellegrinaggio con le sue asperità e i suoi luoghi di ristoro, come nell’Europa cristiana medievale e rinascimentale, e ancora oggi efficace per evocare qualcosa di fondamentale. Il filo rosso: la progressiva rivelazione di Dio in nostro favore, per riportarci a Lui. «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». (Gv 8, 31-32) Un filo rosso da mostrare, come peccatori redenti dal sangue di Cristo, peccatori perdonati, amati, così come troviamo nella Scrittura: Raab, che ci rappresenta nella condizione di peccato, ha creduto a Yhwh riconoscendolo il Dio del cielo e della terra. Per questo, grazie al filo rosso consegnatole come segno di riconoscimento, viene risparmiata dalla morte, insieme alla sua famiglia e integrata nel popolo di Dio (Giosuè 2,21). Eccoci dunque a tenere in mano il filo rosso della salvezza e contemporaneamente a mostrarlo come segno leggibile ed evidente. Di un’opportunità offerta e di un impegno che cerchiamo di custodire fedelmente, tra pianure e alture del percorso: un impegno di fondo: scegliere ogni giorno di integrare la nostra umanità nello sguardo di Dio nel lavorio della trasformazione del cuore attraverso il ritmo della vita insieme: i momenti di preghiera personale e comunitari, il lavoro, l’Eucaristia, la fatica e la gioia dell’incontro, l’amicizia fra noi e con tanti che incontriamo. Quando siamo davanti a noi stesse, così come siamo, quando siamo davanti all’altro, così come è, quando ci è evidente il nostro limite e quello dell’altro, quando tutta la realtà si manifesta come piccole tessere di un infinito mosaico; quando vediamo il nostro essere minuscolo, irrilevante e sprofondiamo in questa irrilevanza, se ci stiamo dentro e non fuggiamo, può sorgere una tenerezza per noi e, se osserviamo ancora, in quella tenerezza può germogliare una compassione e una comprensione profonda per l’altro, un rispetto, un inchino pieno dello sguardo di Dio che ci toglie la parola e ci confina in un silenzio fecondo e carico di misericordia. Questo cammino di umanità e di fede e il sostegno vicendevole, ci preparano ogni giorno ad un dono di noi stesse sempre più consensuale, maturo, aperto, irradiante capace di raggiungere i luoghi aridi e diversamente impenetrabili (vicini e lontani) dell’indifferenza, dell’egoismo e della violenza, dell’odio, della guerra. La nostra intercessione per tutte le situazioni di guerra, labirinti senza uscita, implora il Signore per ricevere un cuore simile il suo: per saper combattere le nostre piccole quotidiane battaglie con il suo stile mite e umile.
NOSTALGIA
Dio si dona e rivela qualcosa di Sé sufficiente per far innamorare l’uomo e far vibrare il suo cuore. Lo Spirito Santo introduce in questo “qualcosa rivelante”: il mistero divino. Quanto più l’uomo, sospinto dallo Spirito, vi penetra, tanto più se ne sente...