La misura

O carità, tu sei una lima che a poco a poco consumi l’anima e il corpo, il corpo e l’anima, e nutri continuamente sia l’anima che il corpo. (S.M.Maddalena de’Pazzi, CO 47 in Cantico per l’Amore non amato, Ed.Feeria, Comunità di S.Leolino, Panzano in Chianti (FI) 2016, 581)

Con il passare degli anni e con il progressivo diffondersi della Chiesa, l’esercizio della carità si confermò come uno dei suoi ambiti essenziali, insieme con l’amministrazione dei Sacramenti e l’annuncio della Parola. (Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus Caritas est, 25/12/2005, 22)

Confrontiamoci sulla comunità: leggere e rileggere la storia di persone che hanno sentito il desiderio e la necessità di condividere ogni cosa, perché chiamati a vivere ad immagine e somiglianza di un Dio Trino ed Unico, ci aiuta a rinnovare i nostri propositi e a verificare cosa oggi è più urgente valorizzare per il bene comune. Si legge e si rilegge la storia: si leggono e si rileggono i documenti della Chiesa che fanno storia e illuminano sui criteri che appartengono alla nostra missione. Dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato. (Deus Caritas est, 20) Si tratta di applicare sane strategie che siano radicate nell’esperienza viva della misericordia, in un processo di umanizzazione e fedeltà alla propria chiamata, alla propria identità. Non è semplice, considerando non solamente le fragilità di ciascuno e le dinamiche che nel gruppo, si scatenano come forze dispersive e distruttive a causa del peccato che corrode il cuore, ma anche per questioni di “ingiustizia”. La giustizia è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica. La politica è più che una semplice tecnica per la definizione dei pubblici ordinamenti: la sua origine e il suo scopo si trovano appunto nella giustizia, e questa è di natura etica. Così lo Stato si trova di fatto inevitabilmente di fronte all’interrogativo: come realizzare la giustizia qui ed ora? Ma questa domanda presuppone l’altra più radicale: che cosa è la giustizia? Questo è un problema che riguarda la ragione pratica; ma per poter operare rettamente, la ragione deve sempre di nuovo essere purificata, perché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere dell’interesse e del potere che l’abbagliano, è un pericolo mai totalmente eliminabile. (Deus Caritas est, 28 a) Lo vediamo chiaramente: stiamo attraversando un periodo particolarmente oscuro, che è già conflitto mondiale. L’ingiustizia dilaga nell’indifferenza o nella difesa del proprio confine. Non si ha più la capacità di leggere la storia, ma neanche il dolore innocente, che comprime il cuore per poco più di un momento e non si trasforma in perdita-di-sé stesso per far vivere l’altro. Perdita di tempo per l’altro, che è partecipazione a vari livelli. Che è preghiera incessante e accorata, come se noi, nella nostra tranquillità, soffrissimo il morso della fame, il bruciore delle ferite, lo stravolgimento del lutto. In questo punto politica e fede si toccano. Senz’altro, la fede ha la sua specifica natura di incontro con il Dio vivente — un incontro che ci apre nuovi orizzonti molto al di là dell’ambito proprio della ragione. Ma al contempo essa è una forza purificatrice per la ragione stessa. Partendo dalla prospettiva di Dio, la libera dai suoi accecamenti e perciò l’aiuta ad essere meglio se stessa. La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. Per far sì che ciò che è giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato. La Chiesa ha il dovere di offrire attraverso la purificazione della ragione e attraverso la formazione etica il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente. (Cfr Id.)

Ci sarà sempre bisogno di consolazione, di aiuto, di risposta alla solitudine, di necessità materiale a cui provvedere: ci sarà sempre l’opportunità di vivere una carità operosa che parli della nostra fede, che rafforzi la speranza certa. Il cristiano, in virtù dell’appartenenza a Cristo e della grazia che riceve dalla comunione con Lui attraverso la vita sacramentale, la preghiera, la meditazione della sua Parola che diventa vita, è forza viva che nel nome di Gesù, ristora e cura l’anima. Come rispondiamo al bisogno di umanità? Cos’è l’attenzione del cuore? Il cuore deve essere formato tanto quanto la persona chiamata ad acquisire competenze? Certamente. Un cuore che sa vedere oltre, dentro, intorno. È in gioco sempre tutto l’uomo. Spesso è proprio l’assenza di Dio la radice più profonda della sofferenza. (Id 31, b) La preghiera ha un ruolo fondamentale sia per “rompere gli argini del cuore” sia per arginare il degrado causato da una povertà a diversi livelli.

Un ornamento è la virtù della carità: essa può tutto e costituisce una Trinità nella Chiesa in modo invisibile, a somiglianza della Ss.ma Trinità; perché come il padre è Dio, lo spirito santo è Dio e tutti e tre sono uniti e sono la stessa cosa, così fanno derivare quaggiù per noi l’unione nella santa chiesa mediante la virtù della carità. Essa, infatti, fa unire l’anima a Dio e le creature tra loro e così forma la Trinità nella Chiesa in modo a noi invisibile. La carità è un vincolo che ci lega e nasce con Dio, mentre l’amore è il compendio di tutte le virtù. (S.M.Maddalena de’Pazzi, CO 56, in Cantico…660)

La Redazione

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