Nella liturgia il Logos ha la preminenza, che gli spetta, sulla volontà. Di qui la sua mirabile placidità, la sua calma profonda. Di qui s’intende come [la liturgia] sembri totalmente risolversi in contemplazione, adorazione, esaltazione della verità̀ divina. Di qui la sua apparente indifferenza alle piccole miserie quotidiane. Di qui la sua scarsa preoccupazione di «educare» immediatamente e di insegnare la virtù. La liturgia ha in sé qualcosa che fa pensare alle stelle, al loro corso eternamente uguale, alle loro leggi inviolabili, al loro fondo silenzio, all’ampiezza infinita in cui si trovano. Sembra, però, soltanto che la liturgia si preoccupi così poco delle azioni e delle aspirazioni, e della condizione morale degli uomini. Poiché in realtà essa sa assai bene provvedervi: chi, infatti, vive realmente in essa, si assicura la verità, la santità e la pace nell’intimo dell’essere. (R. GUARDINI, Vom Geist der Liturgie, Matthias Grünewald, Mainz 1927 – trad. it. di M. Bendiscioli, Lo Spirito della Liturgia, Morcelliana, Brescia 1930, 110).
Al sommo del Carmelo, il passo dirigiamo: la Madre su ci chiama per arricchirci l’alma. (Inno delle Lodi 16 luglio) Cos’è questo tratto lirico che richiama l’attenzione dell’ascoltatore? Una strada, una vetta, un passo deciso: ciò che segue ad un incontro. Chi, infatti, potrebbe intraprendere la fatica di un percorso se non avesse sentito interiormente un forte richiamo a mettersi in viaggio? O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia. (Sal 63,2) Ancora le orecchie tese all’ascolto “catturano” una frase che risuona profondamente vera. Una ricerca costante, una sete che è segnale di qualcosa di vitale di cui si sente la mancanza. Nel santuario ti ho cercato, la tua grazia vale più della vita. (Cfr Sal 63,3-4) Il santuario, il luogo dove tu sei presente, dove sei custodito e pregato. Anche il cuore è santuario in cui chiedi di non essere trascurato. Sei li. E io che ascolto queste parole mi sento trapassare da uno sguardo che mi legge dentro, più di quanto sappia fare io. Cammino in salita: il respiro cambia il ritmo per la gioia della scoperta e di essere scoperta, in questo mattino illuminato. Che giorno è? Ascolto ancora un canto che esorta alla benedizione di angeli, del firmamento, delle acque, della terra, degli animali, degli uomini: sembra ricapitolare passaggi della creazione. Benedite opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli! (Dan 3, 57) tra stupore e gratitudine. E io sono parte di questo canto, sono parte di ciò che la Parola descrive con antica sapienza. Che sguardo è mai questo? Cantate al Signore un canto nuovo, lodino il suo nome con danze, il Signore ama il suo popolo. (Cfr Sal 149, 1.3,4) Ecco, si, voglio danzare anch’io con quel passo predisposto alla salita. Il Signore ama il suo popolo, ama tutti noi e chiama ciascuno per nome. Grandezza insondabile di una Parola che scuote e sveglia e salva e consola. Vortice di verità, riconosciuta nella delicata poesia, nella discesa di intimità, nell’osservazione del creato che ha una sua voce. E tutto questo è preghiera. Una liturgia che ogni giorno tra voli e scavi, scolpisce parte del capolavoro che sarà, che saremo. E oggi, che celebriamo la solennità della Madonna del Carmine, 16 luglio, tutto si ammanta di bellezza mariana, di ciò che massimamente può splendere di Dio in creatura totalmente umana. Disse Gesù alla Madre: donna, ecco tuo Figlio. Poi disse al discepolo: ecco tua Madre. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Ant. Ben.) Un dono grande che si consuma ai piedi della croce lì dove è stato ricevuto. Un luogo, il Golgota, arido, bagnato di sangue, intriso di grida di dolore e di paura della morte. Luogo in cui tutto è trasfigurato e nel quale Dio chiede di guardare con occhi nuovi, con quelli di Gesù, lacrimosi di amore traboccante. Lì, proprio li, scopriamo la bellezza di una relazione materna e filiale inimmaginabile, tutta da vivere. La rugiada di vita è il Salvatore che s’è incarnato. (Cfr Inno Vespri, 16 luglio) E Colei che lo ha portato in grembo, invita noi nel suo. Il Figlio glielo ha chiesto. E noi, a nostra volta siamo chiamati ad essere “grembo accogliente”. Il Figlio ce lo ha chiesto. E io ne faccio memoria nella preghiera della Chiesa, nelle meraviglie Sue che si realizzano in misura della mia fede, del mio affidamento a Lui: nella Parola carica di memoria, di storia, nella Parola che ricorda la promessa di Dio, la sua fedeltà.
La liturgia delle Ore è un patrimonio della Chiesa. Ma perché? Se è vero che sostiene la preghiera incessante chiesta da Gesù che sollecita a non stancarsi di pregare, la sua preziosità non è legata solamente alla continuità e alla quantità: ricordando che la preghiera è incontro, relazione con Dio, la liturgia corrisponde a questo carattere relazionale che coinvolge tutta la persona, corpo e anima, e tutta la comunità, la Chiesa. È un cuore pulsante in cui l’umanità ascolta e risponde al suo Dio e ne riceve grazia, benedizione, consolazione. Non è una pratica dissociata dal quotidiano, circoscritta nei tempi indicati: quali pensieri suscita il sole che sorge? E il sole che tramonta? E la notte, cosa evoca? Questo tempo naturale e sacro, ci accompagna con parole di cui non si ode il suono. (Sal 19, 4) E noi, guidati dalla Chiesa, dal salmista illuminato, dalla Scrittura in ogni sua parte, dai Padri, dai Santi, dai testimoni, diamo voce universale e particolare a questo tempo che ci è donato. I cardini di questa preghiera sono le Lodi, celebrate al sorgere del sole che evoca la risurrezione di Cristo; e i Vespri, che celebrati al tramonto, richiamano il passaggio della morte in attesa della risurrezione. Attesa lungo la notte, nel silenzio, nell’intimità, nel riposo che è abbandono fiducioso: in pace mi corico e subito mi addormento. Sotto lo sguardo di Dio.
Se ogni giorno il dono della vita passa anche attraverso la liturgia celebrata, che è incontro con il Vivente, con Cristo, ogni giorno siamo chiamati ad entrare con timore e attenzione nella Parola, nelle sue sfumature, negli angoli nascosti nei quali scopriamo il buono, il bello, il vero. La liturgia della Solennità della Madonna del Carmine può essere un esempio per comprendere come la Parola entra in noi e fa entrare nel Mistero, sottolineando passaggi della nostra storia di salvezza che, riga dopo riga, scriviamo con inchiostro indelebile insieme al Signore. Nella liturgia si entra con il corpo, con la mente, con il cuore, come comunità accolta nel grembo sempre fecondo della Vergine Maria. La preghiera è l’anima dell’esistenza: i salmi della liturgia, pregati anche da Gesù, insegnano i mille modi di essere umanità. Celebrare le Ore è leggere il tempo sotto il segno della salvezza operata da Dio (Manuel Belli) “scorrendo Parola” e facendosi voce di ogni uomo con preghiere di invocazione e intercessione. Oggi la Stella del mare brilla dinanzi ai figli quale segno di sicura speranza e di consolazione.
Sr M. Daniela del Buon Pastore