Perfetta debolezza

Cos’hai da raccontarmi, prato animato da una brezza tesa che pettina spighe, fili d’erba e fiori di campo? Questo movimento ordinato, che a distanza disegna onde di colore tra luci e ombre e comunica flussi di accordi naturali, mi incanta. Sì, ti chiedo ancora dentro di me quale storia desideri rivelarmi. “Signore, cos’è l’uomo perché tu lo abbia a cuore?” (Sal 144,3)

“…se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?» (Mt 6, 30). È questo che vuoi dirmi, prato traboccante di estate?

Il Signore dal cielo si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c’è uno che cerchi Dio (Sal 14,2). Ho sperato nel Signore ed Egli su di me si è chinato… (Cfr Sal 39)

E così ho immaginato l’abbraccio di Dio ad un terreno inerbito, ad un campo allietato da giochi di colori, giochi di fiori di ogni specie. Piccoli, fragili, custoditi con attenzione e premura da una carezza divina che mantiene equilibri naturali. Ho osservato tante volte fili d’erba ondeggianti, che “cantano” e rilasciano profumo: e ho camminato per prati in fiore, calpestando inavvertitamente corolle. Tra tutti i fiori il papavero, il più fragile, che spunta già in primavera e dona un colore speciale all’estate, sembra descrivere la nostra condizione: i suoi petali sono sottili e delicati, e vibrano già ad un alito di vento. Comunicano intensità, che appare quasi incompatibile con tanta delicatezza, eppure… Continuo ad immaginare quell’abbraccio come uno scambio di natura: tanta fragilità che resta tale ma accesa, colma di vita. Quanto è prezioso per Dio un papavero che oggi c’è, domani perde i petali strappati dal vento o lasciati cadere a terra per un tempo breve di vita ormai compiuto. Petali che rallegravano gli sguardi. Eppure. Il Signore si “china” e ha cura anche di un fiore che si sciupa così presto e rivestendolo di colore, lo predispone a sua volta ad aver cura di chi lo guarda, ad accarezzare coloro che si avvicinano e si lasciano sorprendere dalle piccole perfezioni della natura. E attraverso di esso, manifesta qualcosa di Sé. Questo ritaglio di estate offre quindi spunto alla comprensione della certezza dell’essere presi a cuore e della chiamata a prendere a cuore altri a nostra volta. Per guarire dalle nostre malattie, o semplicemente per vivere una vita meravigliosa. Animata da storie d’amore.

 

Come è possibile non notarti?

Rosso acceso, fragile, tremante,

che richiami sguardi e scaldi

Chi è attratto da te.

Rosso che diventi “parola”

anche per i più distratti viandanti

Temo di sciuparti,

Non oso reciderti, né strapparti dalla terra

Il cui fremito vitale corre per il tuo esile stelo.

Di stagione in stagione,

soffi di vento spargono il tuo seme

visitano terre lasciate incolte

e il tuo colore… è ovunque.

Ovunque il tuo nome, per valli e colli

Sui cigli delle strade e

E tra steli di grano biondeggiante.

Si, mi sorprendi nella tua fragilità prepotente di vita

Temo vento e pioggia,

per te che ti apri al sole.

Ma per ogni petalo ferito,

è pronto un nuovo seme.

Ed Egli su di me si è chinato

Lui che dall’orlo traboccante del suo cuore

Ha lasciato cadere gocce di colore

Sì… ti ha rivestito la passione di un amore.

 

Parti tanto diverse tra loro, si congiungono e al visibile corrisponde l’invisibile. In un rapporto naturale confluiscono epifania, riconciliazione, anelito di libertà, dinamismo di vita. (Cfr Carlo Cicconetti, Simboli carmelitani). “… cos’è l’uomo perché tu lo abbia a cuore?” Ecco la tua cura, Signore: “Canterò senza fine le tue grazie, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli, perché hai detto «La mia grazia rimane per sempre»; la tua fedeltà è fondata nei cieli. I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell’assemblea dei santi. Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene; il settentrione e il mezzogiorno, tu li hai creati, il Tabor e l’ Ermon cantano il tuo nome…” (Cfr Sal 89, 1-2; 5; 11,12). Rosso che diventa parola, comprensibile a distanza e che sa volare lontano. Una missione, un messaggio che corre veloce e che si prende cura di chi lo ascolta. E annunzia una presenza continua dell’amore che salva: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza» (2Cor 12,9) Continuo a camminare per i campi inerbiti, a correre e a cercare l’Amato quasi si nascondesse dietro i cespugli di erbe aromatiche e ginestre e, improvvisamente, un altro papavero, come goccia di colore, attira l’attenzione e mi comunica che Egli è qui con me. “Dio ha scelto ciò che agli occhi del mondo è nulla per ridurre al nulla le cose che sono” (Cfr 1 Cor 1,28) Perdonami Signore, quando lo dimentico. Un Crocifisso per amore, ridotto a nulla, fa risorgere il nulla per aprirgli la strada al Tutto. Una creatura fragile, capace di infinito, io, che a volte ti chiedo: “Fino a quando continuerai a tenerti nascosto, arderà come fuoco la tua ira? Ricorda quant’è breve la mia vita”. Perché sento il tempo che passa, il peso della malattia, le sventure, le fatiche. Come ogni uomo. E dimentico. E ancora mi lamento: “Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo? Dove sono le tue grazie di un tempo?” (Cfr Sal 89, 46-47;49). Ma è vero Signore: questo piccolo papavero freme, teme di essere calpestato, teme la morte: ma è rivestito dalla passione del tuo amore. “E io vivrò per Lui” (Sal 22, 30)

Sr M. Daniela del Buon Pastore

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