QUI E ORA MI FERMO E RIMANGO

Qui e ora mi fermo e rimango

Come fiori carmelitani che spuntano in ogni prato verde, così, con molta semplicità, cerchiamo di “sbocciare” nel verde dell’età che ci osserva, ci ascolta, desidera entrare in relazione di amicizia e fraternità con noi.

Sono i primi giorni di febbraio. L’aria ancora gelida entra silenziosa dalle fessure della mia finestra. Fuori i colori della natura si mostrano come velati da una grigia nebbiolina. Attendono con me i raggi di un tiepido sole primaverile per emergere con maggiore intensità. In quell’istante suona il cellulare. Rispondo. È Barbara, un’amica della comunità che insegna religione al Liceo Classico. Dopo alcuni istanti dedicati ai saluti, mi chiede se sono disposta ad incontrare cinque delle sue classi per un’esperienza di preghiera contemplativa silenziosa. Mi prendo una breve pausa. Ascolto. Il suo “osare” una proposta per lo meno insolita per dei ragazzi di 16-18 anni: mi coglie di sorpresa e in un attimo comprendo che la Vita mi sta offrendo un’occasione unica per sfiorare almeno qualcosa del pianeta giovani, facendo esperire un linguaggio che il Carmelo “sa” bene. È quello della preghiera. È quello del silenzio. È il linguaggio che soggiace ad ogni briciola di consapevolezza e di conoscenza profonda. È il linguaggio che mentre scopre una graffiante solitudine, apre spazi alla Bellezza in cui specchiarsi per ri-conoscere il proprio volto.

Accordo quindi con Barbara i tempi e le modalità degli incontri che prendono lo spazio delle sue lezioni. Senza pretese e con semplicità, comincia così questo nuovo cammino che in realtà è una sosta, un rimanere alla Presenza dell’Eterno Presente nel qui e nell’ora. Nei giorni stabiliti attendo con la porta aperta, soprattutto quella del cuore, quei volti, quei nomi. Li saluto. Li accolgo. Li accompagno nel luogo preparato con tappeti, con sgabelli e sedie rivolte verso un’icona del Cristo fatto carne e ora presente dietro le vive fiammelle di alcune candele. Scalzi, i ragazzi si siedono dove credono meglio. Percepisco la loro curiosità, ma anche un certo imbarazzo. Con parole semplici e attingendo dall’esperienza dei mistici carmelitani li introduco ad una possibile comprensione della preghiera contemplativa silenziosa. Per far meglio comprendere il rivelarsi del “gioco” segreto, misterioso, il sommesso fruscio delle forze fisiche, psichiche, spirituali che operano nella persona quando si entra in uno stato meditativo, cerco di fare esempi legati al loro vissuto che si rivela a volte un po’ confuso e abitato da ansie e paure. Spiego che quello che ci accingiamo a compiere attraverso un’attenzione affettuosa, amorosa e consapevole del corpo, del respiro, è prima di tutto un atto radicale di amore, un gesto amabile e benevolo tanto verso sé stessi come verso gli altri perché ci abilita a sospendere ogni giudizio, per poi semplicemente osservare quanto accade nel presente senza fare nulla, senza dover capire nulla. È luce di consapevolezza, altro nome di Dio, per arrivare ad incontrare le proprie radici, la propria vera casa, la fonte del proprio essere che è amore.

Entriamo quindi nel vivo dell’esperienza. Il suono dolce di una campana tibetana apre e chiude lo spazio di venti minuti di preghiera silenziosa inizialmente guidata per aiutare i ragazzi a stare nel presente. In questo spazio di caldo silenzio ci lasciamo io e loro, catturare sempre più da un regno inesplorato che attende soltanto di nascere superando i confini del Sé per espandersi negli altri, nell’Altro, nel tutto. Per essere infinito. Per essere desiderio.

Il tempo trascorre velocemente e lascia la possibilità di condividere solo poche parole. È per i ragazzi l’ora di ripartire, di tornare al Liceo. Rimane la sensazione luminosa di un piccolo seme gettato nel cuore delle loro giovani vite. Non posso che ringraziare.

Trascorrono alcune settimane. Ricevo da Barbara alcune risonanze. Lascio parlare i ragazzi e trascrivo qualche frammento dell’esperienza come loro l’hanno sentita e vissuta:

“…il silenzio mi ha fatto sentire parte del gruppo, perché anche se nessuno parlava, riuscivo a sentire la connessione e l’unione tra noi… Mi ha dato la possibilità di riflettere su me stessa. “

“…. a mano a mano che avanzava il silenzio, cominciavo a sentire una leggerezza nel mio corpo…come quando il vento spazza via le nuvole dal sole in modo che riesce a splendere come prima. Ho sentito che la mia mente era libera da ogni preoccupazione e problema.”

“Ho provato pace e tranquillità”

“… dall’esterno si percepisce la vita: l’aria che sfiora la pelle, l’ossigeno che entra nella narice, il sangue che scorre come linfa vitale. Ci si sente anche se sembriamo soli in questa stanza. Dopo questo la vita continua, ma rinasce una persona nuova, più positiva e tranquilla”.

Anche Barbara ha condiviso con me alcune semplici riflessioni. Eccole:

“…Per me è stato molto interessante ed emozionante vedere come ognuno dei miei studenti/esse abbia proprio percepito questa esperienza come un’esperienza di condivisione nel profondo e come tutti fossero meravigliati, entusiasti per aver vissuto qualcosa molto al di fuori delle loro attività personali abituali e scolastiche…Questa sperimentazione mi ha insegnato che si deve osare, non aver paura di proporre ai giovani esperienze come il silenzio, che possono sembrare tanto lontane da loro mentre, invece, è stata una bella scoperta e da quel momento in queste classi devo dire che la relazione che si è instaurata con il gruppo dei pari e con me è diventata più significativa…”

Il respiro della Vita ha aperto i suoi spazi e se anche fosse per poco, le Sue tracce, sono certa, resteranno nostalgia del cuore. Alcuni ragazzi vorrebbero tornare…. il viaggio continua.

 

Sr M. Elisabetta del Santo Volto, Ravenna

 

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