Sulla strada giusta

Teresa di Gesù ha sempre richiamato l’attenzione all’umanità di Cristo, alla sua centralità nella nostra vita: la Sua umanità, incontra e illumina la nostra, ed ella ha avuto forza e audacia nel testimoniarlo. “Poiché, se perdono la guida che è il buon Gesù, non resteranno sulla strada giusta… Lo stesso Signore dice di essere la via; egli dice anche che è la luce e che nessuno può andare al Padre senza di lui, e che chiunque vede me, vede il Padre” (Donald Buggert, Il cristocentrismo del carisma carmelitano, CICS, Approccio dinamico al carisma del Carmelo, 31). Così ogni “bocciolo carmelitano” che si apre alla vita nel pieno della sua giovinezza, quando vede bagliori di luce, freme di vita nuova.

Quando percorro la strada per andare all’università, immersa nel caos dei mezzi pubblici di Roma, mai abituata al rumore delle fermate e del brusio delle persone con le quali condivido il percorso, faccio fatica a riordinare i pensieri o a leggere qualcosa in cui mi piace immergermi. Una mattina, però, mi sono sforzata di farlo nonostante tutto quello che intorno richiamava “attenzione per distrarmi”. Sentivo che dovevo regalarmi questo spazio ritagliato a fatica, quasi come se avessi visto una porta socchiusa davanti a me per uscire da una stanza piena di insana confusione, una porta da spingere con energia, per gustare quanto lo spiraglio lasciava intravedere.  L’impegno degli ultimi mesi è stato pressante, con attività di diverso genere, con scadenze da rispettare e coinvolgimento di ragazzi che cercano di camminare sulla giusta Via. È bastato guardare la copertina di un libro che ho visto appoggiato sulla scrivania di mia sorella, per sentire un richiamo interiore alla lettura e senza pensarci molto, l’ho preso e l’ho portato con me, con l’idea di restituirlo presto. Nei miei appunti di viaggio, un viaggio che immersa nell’interessante lettura, mi è sembrato fuori dal tempo, ho annotato questo:

“Un evento è un fenomeno fisico osservabile nello spazio e nel tempo, l’orizzonte degli eventi è una zona dello spazio-tempo in cui diventa impossibile osservare il fenomeno. Al centro di questa sfera oscura c’è la cosiddetta singolarità, un abisso in cui la gravità è così potente che neanche la velocità della luce riesce a sfuggirle. Anche al centro del nostro essere c’è un buio denso di gravità, attorno al quale la vita si accende. La morte chiama le cose alla vita, perché quando tocchiamo la nostra mortalità ogni cellula comincia a lottare per diventare immortale; per questo è bene averci a che fare con il nostro buco nero, perché da come lo affrontiamo dipende tutta la nostra esistenza, tutta la sua luce.

Allora qual è il vostro orizzonte degli eventi, ciò che inghiotte la vostra luce e dalla quale vorreste tenervi lontano ma la cui forza di gravità è talmente forte che è impossibile sottrarsi?” (Alessandro D’Avenia, L’appello, Mondadori, Milano 2000, 71).

Sono rimasta un po’ in silenzio, un silenzio interiore che sfidava il caos esterno. Queste frasi hanno toccato tutte le mie corde di ricerca di Dio, di sostegno al prossimo attraverso quella che sarà la mia professione di medico, il tempo di attesa prima di rivivere il mistero del Natale come momento di crescita nella conoscenza del Verbo fatto carne per noi. Come in un piccolo terremoto che solitamente è provocato da scosse di Parola di Dio, ma che anche la parola di un laico illuminato può suscitare, si è aperta qualche crepa e alcune zolle di terra sono emerse in superficie. Mi sono posta una prima domanda: qual è la mia luce? Non è una domanda scontata e la risposta non può essere condizionata. C’è una luce che viene dall’alto e c’è una luce ad essa legata, che sollecita le mie scelte “orizzontali”. La mia luce “quotidiana” è il servizio verso al prossimo. Io sarei disposta a sacrificare tutta me stessa per poter aiutare qualcuno o dare la possibilità ai ragazzi di poter conoscere l’unica cosa che può rendere realmente felice, Dio. E in quella luce riconosco la circolarità del Mistero di luce, della Luce vera, della ri-creazione operata da Dio che si fa uomo, da Gesù che nasce per noi nella storia. La luce, quella che anche a quei pastori, nel buio della notte, sono stati in grado di vedere: ne hanno subito il fascino e si sono lasciati guidare fino a quella capanna che custodiva la meraviglia della Vita. Allo stesso modo anche i Re Magi, attratti da quella stessa luce, hanno oltrepassato i loro confini. Oltrepassare i confini… quanta vita scorre in questo movimento!

Esiste una luce, una bellezza ed una felicità che illumina la vita ma che rischia di essere inghiottita dal buio: spesso siamo noi a dare la possibilità a questo buco nero di prendersela.
Il mio orizzonte “triste” negli eventi che vivo, è la stanchezza e il pensiero di non aver dato il massimo per qualcosa o qualcuno. Questo mio buco nero a volte si ingrandisce e cattura tutto il bello che vedo e voglio fare e mi risucchia in un vortice di demotivazione. Ruba la mia luce e io vedo solamente nero.

Riesco ad uscire da questo buio quando ricordo a me stessa la mia umanità perfettibile, quel limite in cui sono vera e sono spinta verso la perfezione da Colui che mi ama e mi viene incontro, non da motivazioni umane. Creato da Dio per essere così come sono, riesco allora a vedermi con occhi diversi: Lui è la luce da seguire che illumina di nuovo il buio che mi circonda e seguendolo, sono nuovamente “data alla luce”.

Nascere è venire alla luce. Da quel buio della sacca placentare, si esce e si vede la luce.

Amare è venire alla luce. Essere felici è venire alla luce.

Chiara Policheni, anim. O. Carm.

 

 

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