Ti ringrazio Signore, eterna è la tua misericordia. Con un termine ebraico, con un carattere cristiano.
Mentre un inconfondibile profumo di lavanda si espande, richiamando i sensi agli odori e ai colori vivaci di questa stagione, mi chiedo: Che terreno sono, quali risorse minerali sono nascoste in me? Signore, cosa ti aspetti che cresca in questo fazzoletto di terra così importante per te? Cerco di percorrerlo a piedi nudi per verificarne la consistenza: mi inginocchio, raccolgo un pugno di terra, ne respiro l’odore dopo l’aratura, lascio scivolare la terra dalle dita al soffio di un vento sottile. Non è un terreno pulito: può essere lavorato, ma con attenzione, setacciando piccoli e grandi sassi che potrebbero rendere più faticosa la fresatura. Cerco di raccoglierli tutti, osservandone la natura: non finiscono mai, hanno un nome, il nome dei peccati e delle debolezze che minano la fertilità del terreno. Li colloco ai confini del campo, perché la loro svelata identità e l’esperienza ad essi legata, si erga come custodia dei frutti che il campo può produrre. Alle luci dell’alba, quando i primi raggi radenti illuminano le zolle di luce calda, canto il mio Todah, il mio ringraziamento, la mia lode: Dio, il mio Dio, mi ha reso sua per la sua misericordia. Non lo ha fatto una volta per tutte, lo fa ogni giorno un po’ di più. Mi incoraggia a piantare e coltivare. Cosa te ne fai, Dio mio, di questo terreno così vile? Sovesci di misericordia potranno mai renderlo come tu vuoi se io non sarò capace di umiltà? L’umiltà… “Il Signore ama la mia realtà, la ama più di me; in me continua a vedere l’immagine del suo Figlio e il suo cuore esulta. Se mi vede ricoperto di piaghe e umiliato, si muove a compassione; l’essere figlio viene prima ed è più importante che essere peccatori! Questa è una verità che l’uomo fa una terribile fatica a comprendere e accettare”[1]. Che io faccio fatica ad accettare. Il suo sguardo mi avvolge come veste: Il Signore guarda dal cielo, egli vede tutti gli uomini. Dal luogo della sua dimora scruta tutti gli abitanti della terra, lui che, solo, ha plasmato il loro cuore e comprende tutte le loro opere (Sal 32) E mi dona una veste che richiama il colore della terra. Chiede alla Madre, Maria, di tesserne una parte, di consegnarmela come ulteriore segno di appartenenza, di custodia, di misericordia: quello Scapolare che non avrei voluto indossare, adesso è riconosciuto dono, fa parte di me, del mio impegno di vita, di un carattere mariano che cresce insieme ai frutti che solo il mio terreno può produrre: a ciascuno, infatti, è dato il suo seme, che nessun altro potrà piantare e coltivare. “Tu non usi misericordia nei nostri riguardi a motivo della nostra grandezza, perché siamo vilissimi, fatti di terra e di fango… non lo fai nemmeno per la nostra bontà” poiché nel nostro cuore alberga di tutto, siamo capaci di ogni malignità se vengono meno la vigilanza e la preghiera. “vedo che in tutti i tempi, anche al giorno d’oggi, sei offeso dalla malizia dell’uomo. Sei di nuovo Crocifisso dalle molte offese che continuamente ricevi, per cui non puoi essere mosso a usarci misericordia altro che dall’infinita misericordia che usi continuamente, come continuamente vediamo… vedo e considero come Dio misericordioso ha usato una grande misericordia nel crearci e redimerci. Tuttavia, mi pare maggiore quella per cui ti sei degnato di darci te stesso nel SS. Sacramento. Mi pare che questa sia la misericordia più grande e ce la usi unicamente per mera bontà che procede da uno smisurato amore. Vedo in quest’atto una misericordia incomprensibile, una bontà infinita e un amore inscrutabile e purissimo… anche l’anima, resa ormai una stessa cosa con l’amore, attraverso l’Amore è tutta trasformata in Dio e resa un altro Dio per partecipazione e per l’unione amorosa con Dio fatta dall’amore che sta tra l’anima e Dio”[2]. Sei sempre con noi, sei sempre con me. Todah, Signore mio e mio Dio, nella memoria dei tuoi doni, di ciò che è necessario al mio corpo, di ciò che ho compreso in modo diverso e mi ha aperto nuovi orizzonti di ricerca, di ciò che ha nutrito il mio spirito. “Nessuno può scendere nell’oscurità dei propri peccati senza aver prima ammirato la bontà incondizionata del Padre. La preghiera cristiana inizia sempre dalla lode e dalla gratitudine, perché Dio è più grande dei nostri peccati. La gratitudine distrugge l’ego, perché lo costringe a confessare di non essere capace di darsi il bene da solo.”[3]
Il mio seme è nella tua Parola: custodire il solco in cui è piantato significa vigilare giorno e notte. I pensieri arrivano come uccelli affamati in cerca di semi da inghiottire e strappare alla terra: pensieri sul da fare, pensieri di scoraggiamento, pensieri sulla caducità, quasi fosse l’ultima parola sulla vita. Perdona Signore, quanto la mia superficialità ha disperso…
La veste che Maria ha tessuto per me, su tua indicazione, resti per me sacramentale vivo e operante: mi aiuti a liberare la memoria intasata da pensieri disordinati perché la Parola meditata ne resti sovrana. Mi aiuti a percepire che il male può aggredirmi in qualunque momento, ma la bellezza che mi viene offerta come seme di gioia, ha in sé una capacità sottovalutata. Mi aiuti a superare le tensioni quotidiane che coinvolgono la sfera affettiva, perché io non reagisca ingoiando compulsivamente la vita, ma sappia vivere nel prudente equilibrio che mi permette di godere lucidamente dei beni che lasci a mia disposizione. Che io, con l’aiuto della Madre di Misericordia, possa vivere il mistero in atto nella Parola e la sua realizzazione in atto nell’Eucaristia, mistero della fede, evento salvifico che si esprime nella mia, nostra storia[4].
O Maria, Regina e Madre del Carmelo!
A te consacro la mia vita,
quale piccolo contributo di gratitudine
per le grazie ricevute da Dio
attraverso la sua intercessione.
Tu guardi con particolare benevolenza
Coloro che devotamente portano il tuo Scapolare:
ti supplico, perciò,
di sostenere la mia fragilità con le tue virtù,
di illuminare con la tua sapienza le tenebre della mia mente,
e di ridestare in me la fede, la speranza e la carità,
perché possa ogni giorno crescere
nell’amore di Dio e dei fratelli.
Il tuo Scapolare richiami su di me lo sguardo tuo materno,
e la tua protezione nella lotta quotidiana,
sì che possa restare fedele al Figlio tuo Gesù e a te,
evitando il peccato e imitando le tue virtù.
O Madre amabilissima,
il tuo amore mi ottenga un giorno
di mutare il tuo Scapolare con l’eterna veste nuziale
e di abitare con te e i miei fratelli del Carmelo
nel regno beato del Figlio tuo Gesù[5].
Sr M. Daniela del Buon Pastore
[1] Cfr. G.Forlai, La compagnia dello Spirito, San Paolo, Roma 2020, 96-97
[2] Cfr. S.M.Maddalena de’Pazzi, Cantico dell’Amore non amato, Ed. Feeria, Comunità di San Leolino, —–QG 115-116
[3] La compagnia… 111
[4] Cfr. Carlo Cicconetti, Simboli carmelitani, Roma 2006, 60-61
[5] E.Boaga, Con Maria sulle vie di Dio, Antologia della marianità carmelitana, Ed.Carm. Roma 2000, 397