Eppure quanti baratti, scambi, ad occhi aperti e accecati per non ascoltare e intravedere il tuo essere più bello tra i figli dell’uomo, sostando nelle acque della lontananza che tu per noi hai reso sorgenti di vita nuova, un figlio d’uomo sfigurato, che muore per raggiungere questo grido gravido di tristezza barcollante ti riconosce Signore e segretamente ancora ti invoca Padre per sempre, Principe della Pace. Nella memoria il sogno di Giacobbe, nel presente il tuo proteggermi come unico punto di partenza e di arrivo, Signore del Sabato, venuto dal cielo per realizzare tra noi il mondo di Dio.
Sei colui che mi dona la gioia di vivere intesa come vita in pienezza, basata sulla profonda consapevolezza che io, così come sono, sono preziosa ai tuoi occhi.

Sei “Colui che fa nuove tutte le cose”, non soltanto l’inedito, ma anche il trapianto di ciò che era da principio, la vita delle prime comunità, in una situazione storicamente e culturalmente differente. Tu sei colui che apre il cuore, rinnovando la possibilità di sognare, con occhi aperti e piedi impastati di terra, rivitalizzando tutti i limiti, le delusioni i disincanti della quotidianità chiedendoci di passare per la porta stretta della fiducia lasciando fuori noi stesse e portando in casa solo la certezza che Dio è più grande del nostro cuore e sa come sopperire alle nostre necessità.

Tu sei colui che si nasconde nelle necessità altrui per darmi la possibilità di scoprirti e lì attenderti. Allora quando percepisco il fiato corto per qualcosa o mi sento togliere il terreno sotto i piedi e se ingiustamente mi vedo accusata, tu sei colui in cui trovo il respiro, la terra, la pace. A sera rivolgi a me le parole “Non avere paura” liberandomi dai lacci del buio e mi inviti a rinnovato coraggio, tu che al mattino apri le mie labbra e ascolti il grido della mia preghiera. Doni la certezza per la tua infinita misericordia di avere cura di noi superando oltremodo la nostra maniera di domandare e la nostra stessa richiesta. Perché sai di cosa abbiamo realmente bisogno e accogli il balbettio di una preghiera incerta come desiderio di dimorare in te non tanto come espressione di questa o altra cosa. E non ci doni quanto chiediamo ma quanto necessitiamo.

Rabbunì non oso allontanarmi dal quotidiano, dalla comunità, dal luogo ove mi e ci hai innestate per essere con tua Madre ”intercessione”.

Non oso allontanarmi dalle mie relazioni, dalla storia, dai volti concreti che bussano alla porta, da quanti si inginocchiano al Santuario e invocano l’aiuto di Maria … e ti cerco! In quel grido spesso soffocato dalle lacrime, dal silenzio assordante del dolore, io ti cerco e ti riconosco come colui che mi dice: Ecco tua Madre.

Tu sei colui che con discrezione e cura mi affidi tua mamma e al tempo stesso me la dai come Madre; Tu agisci da uomo, con un sentimento profondamente umano; ma con altrettanto amore mi affidi questo luogo di preghiera perché la gente venendo possa sempre più sentire: “Questa è la Madre”.

Tu sei colui che mi pone in questo luogo perché io concretizzi, interiorizzi e testimoni questo tuo atto di affidamento, perché diventi consegna reciproca e dono per quanti qui affluiscono.

Sì, tu sei colui che ripeti ancora oggi al mio cuore di discepola: Ecco tua Madre, consegnandomi alla intercessione di Maria per aiutarla a piangere, per lasciarmi penetrare da questa sua presenza reale, per entrare in comunione con Lei, e corrispondere con la mia vocazione contemplativa alla missione che un giorno lei volle affidare alla giovane pastorella e questo per essere Chiesa, per essere, insieme con Maria, realmente cuore orante.

Allora Signore io non oso allontanarmi neppure da me stessa, dai miei desideri, dai miei sogni, dalle mie schiaccianti limitazioni, perché lì ti trovo carico di compassione e tanta pazienza. Non oso allontanarmi dal fratello o dalla sorella più faticosa perché lì mi attendi per un abbraccio di incoraggiamento e di sostegno. Le preoccupazioni, i pensieri, le difficoltà già si fanno largo nel cuore ma anche in quelli ti cerco, operatore di prodigi, Figlio di Davide. Tu sei colui che viene incontro alle mie assenze per setacciare i pensieri sconnessi e in un abbraccio rendi accessibili, con la tua presenza, i cieli aperti.

Signore, tu sei colui che mi fa sperimentare la pace di sentirmi custodita come la pupilla dell’occhio, al riparo di grandi ali, non esente da ombre o burrasche ma certa di essere nelle mani di un condottiero valoroso. Rendi il mio orecchio inchinato per l’ascolto e l’occhio vigile per riconoscerti ma devo ammettere che alcuni tuoi tratti scomodano e nei passaggi più faticosi della mia storia sembro preferire un Dio buono buono, da figurina piuttosto che un Dio in tre Persone col quale dialogare a tu per tu accogliendo il suo fuoco bruciante tutte le mie scorie.

E sei colui che con mitezza e mansuetudine ma altrettanta determinazione e fermezza, desideri mi stabilisca in te superando ogni compromesso. Mi proponi ogni giorno uno stile di vita innestato in un cammino di libertà interiore, esigente, canalizzante tutte quelle forme ibride, quelle pseudo concessioni, camuffate di libertà ma che sono invece i lineamenti di un carattere non libero, non purificato, non serio. Certo Signore tu sei colui che ha cura di me e desidera che abbia libertà e unicità. Tu sei colui che mi indichi te come strada e condizione per lasciarmi attirare dalla tua persona, ti prego, donami il desiderio di portare anche le più piccole cose nel grembo di una speranza viva sempre posta in gestazione in ogni tua richiesta.

Sr Miriam del Dio vivente

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