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“Come Cristo è venuto dal cielo sulla terra, così anche la sua sposa, la santa Chiesa, ha avuto origine dal cielo: è nata dalla grazia di Dio, anzi è scesa insieme al Figlio di Dio, unita indissolubilmente a lui. Costruita di pietre vive, la sua pietra angolare venne posta quando il Verbo di Dio prese la natura umana nel grembo della vergine. Allora si strinse quel vincolo di intima unione tra l’anima del divino Bambino e l’anima della Vergine Madre, che si può definire come unione sponsale. Nascosta a tutto il mondo, la Gerusalemme celeste discese sulla terra: da questa prima unione sponsale sarebbero nate tutte le pietre vive destinate a formare l’immenso edificio, cioè, ogni singola anima, dalla grazia destata alla vita”. (Edith Stein La Donna). Siamo nati come pietre vive ed è bene domandarsi come restare tali per la vitalità di tutto l’edificio di cui siamo parte. Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, si interroga su quella che è la nostra identità e missione di donne che vivono pienamente la loro chiamata e suggerisce di contemplare l’Immacolata per sviluppare in modo genuino il compito naturale di spose e madri. (Cfr Id.) Per far questo, possiamo rivivere con Maria la quotidianità e lo straordinario del suo rapporto col Figlio, nei quali emerge che tutto ciò che ella compie non è minimamente sfiorato dal desiderio di possesso, ma al contrario, di continua e generosa offerta: è l’ancella del Signore e adempie ciò cui da Dio è chiamata. “Sia che la donna viva come madre nella casa, o occupi un posto preminente nella vita pubblica, o viva dietro silenziose mura di un chiostro: dovunque deve essere l’ancella del Signore, come fu la Madre di Dio in tutte le circostanze della sua vita: come giovane fanciulla nel sacro recinto del tempio, nel tranquillo governo della casa a Betlemme e a Nazareth, come guida degli apostoli e delle prime comunità cristiane dopo la morte del Figlio. Se la mater virgo è l’immagine originaria della pura femminilità le sue due qualità fondamentali, quella di madre e quella di vergine, dovranno essere in un certo senso il fine di ogni formazione della donna”. E qual è questa formazione? La santa carmelitana sottolinea che donarsi interamente a Dio reintegra e riconduce la natura femminile all’altezza della sua etica vocazionale, tenendo presente che appartenere al Signore e anteporre l’amore di Cristo ad ogni altro amore è un ordinare le priorità, tanto dell’anima consacrata quanto della donna sposa e madre: si tratta infatti della verginità dell’anima che tutte sono chiamate a custodire. Come, del resto, la maternità che si manifesta verso tutte le creature per amore di Cristo, appartiene tanto alla donna consacrata – come maternità nello spirito e nell’azione – che alla sposa e madre in ordine naturale. Le due forme di vita restano distinte nella missione specifica, ma in sintonia. “La vita della sposa di Dio si trasforma in maternità soprannaturale per tutta l’umanità redenta e non importa se è lei stessa che opera direttamente per la salvezza delle anime o se è soltanto il suo sacrificio che da’ frutti di grazia, di cui né lei stessa né forse alcun essere umano è consapevole”. Nella lettera pastorale sulla dignità e vocazione della donna di Giovanni Paolo II datata 1988 e scritta in occasione dell’anno mariano che in quell’anno la Chiesa ha celebrato, Mulieris dignitatem, troviamo parole di incoraggiamento per vivere con premura e attenzione, quanto finora tratto dalle riflessioni di Teresa Benedetta della Croce: “La Chiesa, dunque, rende grazie per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio nella verginità; per le donne dedite ai tanti e tanti esseri umani, che attendono l’amore gratuito di un’altra persona; per le donne che vegliano sull’essere umano nella famiglia, che è il fondamentale segno della comunità umana; per le donne che lavorano professionalmente, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per le donne «perfette» e per le donne «deboli» per tutte: così come sono uscite dal cuore di Dio in tutta la bellezza e ricchezza della loro femminilità; così come sono state abbracciate dal suo eterno amore; così come, insieme con l’uomo, sono pellegrine su questa terra, che è, nel tempo, la «patria» degli uomini e si trasforma talvolta in una «valle di pianto»; così come assumono, insieme con l’uomo, una comune responsabilità per le sorti dell’umanità, secondo le quotidiane necessità e secondo quei destini definitivi che l’umana famiglia ha in Dio stesso, nel seno dell’ineffabile Trinità”. Sr M. Daniela del Buon Pastore |
Un fiore che si apre sotto lo sguardo di Dio
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